Storia Di Una Bambola Che Volle Diventare Una Bambina Umana

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TOPIC_ICON3  view post Posted on 30/9/2010, 14:33
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Titolo: “Storia di una bambola che volle diventare una bambina umana”
Data di creazione: 20/09/2010
Nota: Già dal titolo, si capisce che mi sono ispirato a Pinocchio (più quello Disney che quello di Collodi).
Nota2: Ho scelto la costellazione del cigno, tra le tante, perché mi sembrava la più adatta a Kirakishou.
Nota3: La “scena” del fiume è ispirata a Elfen Lied.
Nota4: Il fatto che Laplace viva sulla luna è un palese riferimento alla leggenda giapponese secondo la quale, appunto, i conigli vivono sulla luna.
Trama: Rozen è un uomo che si guadagna da vivere costruendo bambole, marionette e burattini. Un giorno decide di creare una bambola dalle dimensioni di una bambina in ricordo di sua figlia morta. Prima di coricarsi esprime il desiderio che la bambola prendesse vita. Il suo desiderio viene esaudito e la bambola prende vita. La bambola conoscerà Jun, se ne innamorerà e, per questo, vorrà a tutti i costi diventare un’umana.


Storia Di Una Bambola Che Volle Diventare Una Bambina Umana

Una donna uscì da una piccola bottega con un burattino sotto il braccio. In quel piccolo villaggio, quella bottega era conosciuta da tutti. Il suo proprietario si chiamava Rozen, era un giovane di trent’anni e aveva perso la figlia dodicenne, a causa della leucemia, da ormai sei mesi. Anche sua moglie, per lo sconforto, si era suicidata lasciandolo da solo. Per questo, dopo il lavoro, quando tornava a casa, si metteva a lavorare su una bambola dall’aspetto e le dimensioni di sua figlia Shinku per colmare quel triste vuoto. Ci lavorò su per molte sere, finché non fu finalmente pronta. La bambola era così realistica che, quando Rozen la mise su una sedia, rimase così stupefatto, benché anche le altre sue creazioni erano molto realistiche, da commuoversi. Cominciò ad accarezzarle i lunghi capelli biondi ed il morbido viso, poi le fece indossare un lungo vestito ottocentesco di velluto rosso cremisi con gonna a ruota. Sul petto era presente un davantino, un pezzo di tessuto applicato su un abito o su una camicia, che partiva dal collo e si fermava a metà petto, coperto da una berta, un tipo di mantellina. Separò i suoi capelli in due grandi code legandole con un nastrino verde scuro. Infine le mise in testa un copricapo a bagnolette, il cui nastro, verde, era legato in gola a mo’ di fiocco, fermato da una rosa scarlatta. I suoi occhi invece erano azzurri e stupendi.
-Sei bellissima. Quanto vorrei che fossi viva anziché solo una bambola. Tesoro mio…- disse Rozen con le lacrime agli occhi.
Le fece un’ultima carezza e le diede un bacio sulla guancia per poi andare a dormire.
-Quanto vorrei che fossi viva anziché solo una bambola!- si ritrovò a ripetere bisbigliando prima di addormentarsi profondamente.
Quella sera, la costellazione del cigno brillava più che mai. In particolare la stella arancione Gienah, che forma l'ala orientale del Cigno, brillava così tanto che illuminò l’addormentato villaggio per un attimo. Quando il bagliore svanì, all’interno della stanza da lavoro di Rozen, dove si trovava Shinku, c’era una giovane ragazza dai lunghi capelli bianchi, un lungo abito dello stesso colore e aveva due fermagli a forma di rosa bianca da cui partivano due codini. Il suo corpo emanava una leggera luce bianca che illuminava a giorno perfettamente la stanza. Quando vide Shinku, si avvicinò.
-Come al solito, Rozen ha fatto un lavoro impeccabile. E’ sempre stato così buono e gentile che merita che il suo desiderio diventi realtà.- disse la giovane.
-Destati, corpo inanimato, perché la vita io ti ho donato!- aggiunse toccandola.
Shinku s’illuminò di bianco per un rapido secondo, iniziò a muovere appena la testa e aprì lentamente gli occhi. Si guardò attorno, cominciò a muovere le mani e a guardarle.
-Riesco a muovermi… e perfino parlare…- disse la bambola.
La giovane le sorrise.
-Sì, sono stata io a darti la vita.- le disse.
-Che bello. Tu chi sei?-
-Sono Kirakishou, una maga che vive nella stella Gienah, una fra le tante della costellazione del cigno. Vieni, te la faccio vedere.-
Shinku scese dalla sedia e cominciò a camminare.
-E’ bellissimo saper camminare!- disse sorridendo di gioia.
In quella stanza c’era una piccola finestra e Kirakishou le indicò la costellazione.
-Eccola lì, la vedi? Io vivo nella stella dell’“ala orientale”.- disse Kirakishou.
-Ho capito. Ma come mai mi hai donato la vita?-
-Rozen, il tuo creatore, desiderava tanto che non fossi una semplice bambola inanimata e così io ho esaudito il suo desiderio.-
-Ho capito.-
-Bene, il mio lavoro è finito. Abbi cura di te e di tuo padre.- disse Kirakishou.
-A… aspetta…-
Kirakishou scomparve in un bagliore bianco e Shinku cadde a terra come svenuta. La mattina dopo, Rozen si stava preparando ad andare a lavoro ma prima pensò di dare un’occhiata a Shinku a causa di un sogno che aveva fatto. Aveva sognato che non la trovava più, che qualcuno gliela aveva rubata. Quando aprì la porta della stanza, quasi gli prese un colpo vedendola a terra in posizione prona.
-Per il primo di novembre, come ha fatto a cadere?- disse correndo verso di lei.
Quando la prese in braccio, si rese conto che qualcosa non quadrava.
“Come ha fatto a cadere e, per giunta, così lontano dalla sedia? Che il sogno che ho fatto fosse quasi premonitore? Forse qualcuno ha tentato di rubarla, ma poi ci ha rinunciato… chissà.”
Mentre rifletteva, la rimise sulla sedia e l’accarezzò. Fu allora che Shinku aprì lentamente gli occhi.
-Ciao papà.- gli disse con un sorriso.
-AH! Che… che…?-
Rozen indietreggiò spaventatissimo.
-Che ti prende?-
-T… tu… tu parli!-
-E mi muovo anche.- disse scendendo dalla sedia.
-Non… non è possibile.-
Rozen era, giustamente, incredulo. Shinku gli si avvicinò, mentre lui la guardava con un leggero terrore.
-Tu… sei una bambola. Come puoi…?- le chiese ancora un po’ inquieto.
-Desideravi che io fossi viva e allora la maga Kirakishou, che vive in una stella della costellazione del cigno, mi ha donato la vita.-
A quelle parole, Rozen non riuscì a trattenere le lacrime e iniziò a piangere di gioia stringendo a sé Shinku.
-E’… è un miracolo. Io… sono felicissimo.- disse.
Dopo questa bella scoperta, Rozen non andò a lavorare e decise di insegnare a Shinku tutto ciò che c’era da sapere sulla vita, le insegnò a leggere e scrivere, cose che imparò praticamente subito e la lettura era la cosa che le piaceva di più, e molte altre cose come il rispetto, la sincerità, l’onestà ecc. Giunta la sera, Rozen le mostrò la camera di sua figlia.
-Ora questa stanza è tua.- le disse.
-Grazie papà.- gli disse sorridendogli.
Non dormì. Evidentemente, essendo una bambola, non ne sentiva il bisogno proprio come per il mangiare. In quella stanza c’erano, oltre a tantissimi peluche, moltissimi libri. Ne prese uno piccolo intitolato “Il Principe Felice E Altre Storie” di Oscar Wilde, accese la lampada sul comodino e passò tutta la notte a leggerlo. In più di un’occasione le capitò di commuoversi e ripensò a quello che gli aveva insegnato Rozen. Quella che provava era l’emozione chiamata tristezza. Il giorno dopo, Shinku e Rozen andarono alla bottega. Molti clienti, che il giorno prima avevano visto il negozio chiuso, si erano allarmati e lui disse:
-E’ venuta a trovarmi una cugina e mi ha chiesto di tenere mia nipote per un po’. Si chiama Shinku… come mia figlia…-
Si asciugò le lacrime e si mise a lavoro, mentre i clienti salutavano affascinati la sua creazione completamente ignari che non fosse una bambina vera. Shinku gli dava tutti i giorni una mano e quando non ne aveva bisogno, si metteva seduta su uno sgabello a leggere. Un giorno, entrarono in bottega una ragazza di sedici anni, con occhiali da vista tondi e i capelli marroni raccolti in due piccole codine, accompagnata da un ragazzino di dodici anni, anche lui con gli occhiali, dai capelli neri scompigliati e gli occhi nocciola. Appena Shinku sollevò gli occhi dal libro, e guardò il ragazzino, provò una sensazione stranissima.
-Buongiorno Nori!- si rivolse Rozen alla ragazza.
-Buongiorno signor Rozen. Mio fratello Jun vorrebbe comprare alcune marionette per uno spettacolo.- disse lei.
-Ma certamente. Quante?-
-Quante Jun? Jun?-
Lui non rispondeva perché fissava Shinku con aria incantata e con la bocca aperta, mentre lei gli lanciava di continuo timide occhiate per poi riabbassare gli occhi sul libro.
-Jun!- esclamò con tono alto Nori e dandogli una leggera pacca alla spalla così da destarlo.
-Eh? Che c’è?-
-Come, che c’è? Non essere maleducato. Non è carino fissare così una persona anche se è molto bella.-
Rozen rise e disse a Shinku di avvicinarsi a lui.
-Permettetemi di presentarvi mia nipote Shinku. Ha dodici anni.-
-Molto piacere.- disse lei inchinandosi.
-Piacere. Shinku? Come sua fig…- disse Nori interrompendosi di colpo.
Anche Jun s’inchinò, ma non disse nulla per il troppo imbarazzo.
-E’ davvero bella.- disse Nori.
-Beh, torniamo a noi. Allora, Jun, quante marionette ti servono?- aggiunse.
Jun e Shinku continuavano a fissarsi imbarazzati.
-Allora? Che ti ho detto prima?- lo rimproverò la sorella.
-Ah, scusate. Almeno una ventina.- disse Jun tornando in sé.
-Molto bene, arrivano subito.-
Shinku era tornata a leggere, anche se in realtà continuava a rivolgere occhiate verso Jun.
-Grazie molte, signor Rozen. Arrivederci.-
-Alla prossima, Nori.-
Mentre i due si avviavano alla porta, Jun si girò fissando un’ultima volta Shinku e lei lo salutò con un timido gesto della mano. Quando finalmente la porta si chiuse, Shinku fece un gran sospiro come se avesse trattenuto il fiato per tutto il tempo. All’improvviso, la porta si riaprì. Jun, molto timidamente, si avvicinò a Shinku e le chiese:
-Vuoi venire a giocare con me?-
Shinku non seppe cosa rispondere e si voltò verso suo padre che, senza dire nulla, annuì semplicemente.
-Certo!- disse lei.
-Andiamo allora.- disse lui prendendola per mano e facendola arrossire.
I due passeggiarono un po’, senza però dire una parola a causa dell’imbarazzo, poi si addentrarono nel bosco e iniziarono a giocare a nascondino. Dopodiché andarono verso un fiume e Jun le propose di fare una nuotata. Shinku sobbalzò e disse:
-N… no! Meglio di no.-
-Perché? Che c’è, ti vergogni?-
-Ottima deduzione Watson!- le disse risentita.
Lui si tolse la maglia restando a petto nudo.
-Io non mi vergogno, come puoi vedere.-
-Tua sorella ha ragione. Sei un maleducato. Non si fanno queste cose davanti a una ragazza.-
Jun, punto sul vivo, si arrestò e si rimise la maglia.
-Scusami… hai ragione…- disse abbassando il capo.
Lei gli fece una carezza e gli sorrise.
-Perdonato. E comunque… non posso nuotare con te. Ho un’allergia alla pelle che mi costringe a non spogliarmi.-
Rozen le aveva insegnato a dire questa bugia proprio in un caso come quello per evitare che vedessero il suo vero aspetto. Una bambola vivente avrebbe sicuramente scatenato il panico.
-Oh, mi spiace.- disse Jun.
-Succede…-
Jun si chinò e raccolse un po’ d’acqua di fiume per poi gettarla al viso di Shinku che la colse di sorpresa.
-Ah, ah, ah, ah. Beccata!- disse lui divertito.
Lei, con i capelli e il viso bagnato, lo guardò con un’occhiataccia.
-Questa me la paghi.- disse con un ghigno.
Lo colse di sorpresa dandogli uno spintone e facendolo cadere in acqua inzuppandolo tutto.
-Vendetta è fatta. Ah, ah, ah, ah!-
Anche lui le fece lo stesso ghigno, si alzò e la prese tra le braccia.
-Oh, fermo. Mollami! No, no, no, no, no!-
E la gettò in acqua.
-Dannato!-
Iniziarono a schizzarsi con gran divertimento. Era una giornata piuttosto calda quindi i loro vestiti si asciugarono piuttosto in fretta una volta finita la battaglia di schizzi.
-Giochiamo ancora un po’ a nascondino. Vuoi?- le chiese.
Lei gli sorrise e annuì.
Giocarono fino al tramonto e furono costretti a salutarsi.
-Mi sono davvero divertita molto, oggi.-
-Anch’io.- e le sorrise.
Quando tornò a casa, Rozen le chiese:
-Ti sei divertita con Jun?-
Lei, solo a sentirne il nome, diventò rossa in viso. Rozen capì subito, ma facendo finta di niente, le chiese:
-Che ti prende?-
-Non… non lo so. Da quando ho visto Jun, mi sento strana.- disse lei.
-Oh, questa poi, ti sei innamorata di Jun a prima vista a quanto pare.-
-Innamorata? Che significa?-
Lui le sorrise, si sedette su una sedia e la fece sedere sulle sue ginocchia.
-L’amore è la sensazione più grande e più forte che ci sia. Perfino più forte della tristezza e della gioia.-
Le spiegò per bene quello che voleva sapere, ma questo la lasciò perplessa.
-Ora cosa c’è?-
-Scusa… è che pensavo… se Jun scoprisse la mia vera natura, mi odierebbe… non voglio pensarci…- e iniziò a piangere.
Suo padre la strinse a sé cercando di consolarla.
-Finché non lo scopre puoi star tranquilla.-
Il giorno dopo, Jun entrò in bottega per prendere Shinku e andare a giocare.
-Oggi voglio farti conoscere alcuni miei amici.- le disse.
-Va bene!- disse lei.
Tornarono al fiume dove, ad attenderli, c’erano sei coetanei di Jun che li salutarono.
-Avevi proprio ragione. E’ stupenda.- dissero tutti a Jun.
Shinku arrossì imbarazzatissima per poi presentarsi a tutti.
-Facciamoci una nuotata ragazzi!- gridò uno di loro.
Jun spiegò loro la situazione di Shinku e così andarono a nuotare, mentre lei li osservava seduta sotto un albero. Ogni tanto, Jun si voltava verso di lei e si vedeva chiaramente che era dispiaciuto per il fatto che non poteva unirsi a loro a causa dell’allergia. Quando finirono, tutti e sei i ragazzi dissero di ritornarci il giorno dopo. E così fecero. Shinku fu la prima ad arrivare e poco dopo giunsero tre degli amici di Jun. Dopo averli salutati, Shinku si mise seduta sotto l’albero. I tre ragazzi, che si chiamavano rispettivamente Kintaro, Ushio e Daichi, bisbigliavano tra loro. Quando finirono di parlare, si misero davanti a Shinku.
-Che c’è?- chiese.
Loro le sorridevano in maniera molto perversa. In un attimo le si gettarono addosso nel tentativo di levarle il vestito.
-Tenete giù queste luride mani, sporchi maiali!- gridò scalciando.
-Rilassati. Vogliamo solo vedere che succede se non hai niente addosso.- le disse Daichi.
Nel tentativo di liberarsi riuscì a malapena a dar loro un ceffone, ma nient’altro. Le slacciarono il nastro verde facendole cadere il copricapo e le strapparono con violenza l’abito.
-NO!- esclamò Shinku.
-Che diavolo fate, imbecilli?-
Era Jun che, in un impeto di rabbia, diede un pugno a ciascuno buttandoli a terra.
-Come vi siete permessi di fare una cosa del genere? Siete proprio dei cretini.-
-Ma noi… veramente… stavamo solo…- disse Ushio.
Non finì la frase perché Jun gli diede un altro pugno. Benché fossero in tre e cercarono di contrattaccare non ci riuscirono e rimediarono solo calci, schiaffi, pugni e furono costretti a darsela a gambe. Una volta lontani, Jun si avvicinò a Shinku che era tutta rannicchiata.
-Stai bene?-
-S… sì…-
Stava per mettersi a piangere. Jun le si avvicinò per consolarla e così intravide di poco il suo braccio che aveva qualcosa di strano. Gli sembrava più la giuntura di una bambola che un braccio umano.
-Ma che cos’hai al braccio?- le chiese.
Shinku sbiancò, si alzò di scatto e corse via piangendo lasciando Jun stupefatto. Quel giorno, Rozen aveva chiuso la bottega presto, dato che non c’erano molti clienti, e quando intravide Shinku correre in camera sua non ebbe il tempo di salutarla o farle domande. Poco dopo andò in camera sua. Sentì attraverso la porta che Shinku piangeva con disperazione e, preoccupato, entrò. Quando vide il vestito rosso strappato in terra e la sua bambola prona sul letto, con solo addosso la biancheria, che piangeva, si avvicinò a lei e cominciò ad accarezzarle i capelli.
-P… papà!- esclamò lei vedendolo e gettandogli le braccia al collo.
Lui continuava a consolarla.
-Cos’è successo?-
Lei, dopo molta fatica, si asciugò le lacrime e gli raccontò tutto.
-Mi ha vista. Capisci? Mi ha vista! Voglio… voglio che tu mi distrugga.-
Quella frase fece sbiancare Rozen che, per reazione, le diede uno schiaffo. Anche se il suo viso era soffice come quello di una bambina umana, gli provocò un piccolo dolore al palmo.
-Non ti azzardare mai più a dire una cosa simile. Sono tuo padre, e non esiste che io possa uccidere mia figlia.-
-Non sono tua figlia… ma solo un pupazzo…-
Non finì la frase perché Rozen la strinse a sé in un forte abbraccio.
-No, non sei un pupazzo. Sei un dono del cielo. Sei il mio tesoro.-
Shinku pianse di nuovo tra le braccia di suo padre.
-Però… ora Jun ha scoperto la mia vera natura. Non potrò mai più vederlo.-
E tornò a piangere. Rozen si rattristì molto. La sua bambola si era innamorata di un umano e, anche se era chiaramente ricambiata, non poteva certo funzionare. Una cosa davvero straziante.
“Che brutta situazione…” pensò.
Giunta la sera, Shinku era ancora stesa sul suo letto a piangere. Si era proprio presa una bella cotta per Jun. E ora, il pensiero che non poteva più vederlo per questa enorme diversità, la straziava.
-Kirakishou!- esclamò.
Si rimise il vestito che il padre le aveva ricucito, andò nella stanza dove fu creata, si affacciò alla finestra e, rivolta a mani giunte alla costellazione del cigno, iniziò a pregare.
-Kirakishou, ascoltami. Sono Shinku. Ho bisogno di parlarti. Ti prego.-
Ripeté quella frase di continuo, finché non ci fu un enorme bagliore bianco e Kirakishou le apparve davanti.
-Ho sentito le tue preghiere. Cosa ti succede?- le chiese.
-Fammi diventare una bambina umana!- fu la risposta di Shinku.
-Cosa? E perché?-
Shinku le raccontò tutto.
-Capisco, ma purtroppo non posso farlo.-
-Come no? Non sei una maga?-
-Non so usare una magia del genere. Se sapevo farlo saresti diventata umana da subito, non pensi?-
-Scusami…-
Dagli azzurri occhi di Shinku cominciarono a scendere le lacrime.
-Dovrò… rinunciare a lui per sempre. E’ così?-
Kirakishou rimase pensierosa nel tentativo di trovare una soluzione al suo problema e finalmente la trovò.
-Non è detto. Un modo per diventare umana c’è.-
Shinku si sentì invadere dalla gioia.
-Dimmi!-
-Ma non sarà facile.-
-Non importa. Ti ascolto.-
-In un lontano paese, nascosto in un luogo segretissimo, c’è un magico gioiello chiamato Rosa Mystica che può esaudire qualsiasi desiderio. Una volta trovato ti basterà chiedere di voler diventare un’umana.-
-Molto bene. Come faccio a trovarlo?-
Kirakishou fece apparire magicamente una mappa sulla sua mano e gliela consegnò.
-Però sappi che essere un’umana ha difetti che, come bambola, non hai affatto. Da umana proverai la fame, la sete, il freddo, il dolore e, soprattutto, conoscerai la morte.- le disse
-E’ un rischio che voglio correre. Lo faccio per amore.- disse Shinku.
-E sia. Il paese in cui devi andare è questo.-
Indicò sulla mappa un punto in cui c’era scritto, in caratteri antichi, Jade.
-Ho capito. Grazie.-
Kirakishou alzò le braccia e un raggio bianco colpì Shinku.
-Che cosa…?-
-Ti ho dato il potere di volare. Così potrai raggiungerlo più facilmente. Fai attenzione, mi raccomando.- disse per poi sparire così come era venuta.
-Contaci!-
Decise di partire alle prime luci dell’alba e intanto, scrisse una lettera a suo padre.
Caro papà.

Vado nel paese di Jade per trovare la Rosa Mystica, un magico gioiello che mi permetterà di diventare una bambina umana. Non stare in pena per me. Riuscirò ad ottenere il mio scopo. Lo faccio per il mio amato Jun. Tonerò vincitrice. Abbi fiducia.



Con affetto.
Shinku.


Mise la lettera accanto alla porta della camera di Rozen, uscì di casa, lentamente il suo corpo iniziò ad alzarsi da terra fino a raggiungere il cielo e si mise in viaggio. Quando Rozen si svegliò e uscì dalla camera, il suo piede pestò la lettera e la raccolse. Dopo averla letta, ebbe come un mancamento, indietreggiò finché non si ritrovò seduto sul letto e si mise le mani tra i capelli.
-Shinku…- disse con voce strozzata.
Il sole era ormai alto nel cielo, mentre Shinku era solo a metà strada. Dopo un paio d’ore raggiunse il paese che, altro non era, che una piccola isola.
“Eccola. Ora non resta che trovare la Rosa Mystica.”
Prima di atterrare, pensò bene al da farsi. Come avrebbe potuto trovare quello che cercava? L’unica era chiedere in giro. Ma soprattutto, pensò bene di atterrare in un punto lontano da occhi indiscreti per sicurezza. Atterrò nei pressi di un bosco dal quale poteva vedere, all’orizzonte, un castello verde giada. All’improvviso avvertì il forte galoppare di un cavallo e, quando si girò, vide che le stava quasi per venire addosso. Fortunatamente si scansò appena in tempo. Sopra al cavallo nero c’era un ragazzo, di vent’anni, dai capelli corti castani che indossava un’armatura.
-Stai più attenta a dove cammini, ragazzina!- la rimproverò dopo aver fermato il cavallo.
-E tu vai più piano invece di correre.- puntualizzò Shinku con fare irritato.
-Ehy, bada a come parli!-
-Altrimenti?-
Il cavaliere, che si chiamava Rei, scese da cavallo e le si avvicinò. Aveva splendidi occhi viola. I due iniziarono a fissarsi a lungo, finché Rei non le sorrise.
-Sei molto bella. Non esagero e non è presunzione, la mia, nel dire che la tua bellezza è pari a quella della nostra principessa.-
-G…grazie…- disse Shinku arrossendo.
-Come ti chiami e quanti anni hai?-
-Mi chiamo Shinku e ne ho dodici.-
-E cosa ci fai nel bosco? Ti sei persa o cosa?-
-Veramente sto cercando una cosa…-
-Cosa, se posso chiedere?-
-Un oggetto magico chiamato Rosa Mystica!-
Nel frattempo, avevamo lasciato Rozen seduto sul suo letto. Ad un tratto, qualcuno bussò alla porta e andò ad aprire. Era Jun.
-Buongiorno signor Rozen!- disse con un inchino.
-Ciao Jun.- disse con tono distaccato.
-Shinku è in casa? Vorrei parlarle.-
-No, non c’è più. Ieri sua madre è venuta a riprenderla e portarla a casa.-
Jun ebbe un sussulto e strinse i pugni. Con grande sforzo riuscì a trattenere le lacrime.
-Mi spiace, Jun…-
-Visto che ci sono, ho una cosa da dirle.-
Rozen lo fece accomodare sul divano del salottino, mentre lui si sedette su una poltrona.
-Dimmi.-
Jun fece un sospiro.
Iniziò prima a raccontargli dell’aggressione di Shinku, cosa che Rozen ben sapeva, fino ad arrivare alla sua strana visione.
-Questo pensiero non mi ha fatto chiudere occhio. Lei cosa ne pensa?- concluse Jun.
Rozen aveva il cuore che gli batteva forte. Era rimasto qualche minuto pensieroso, nel cercare una storia plausibile, e alla fine parlò.
-Credo sia stata una reazione del tuo subconscio. Del resto, non stai lavorando ad uno spettacolo di burattini?-
-Sì è vero, ma…-
-Probabilmente il tuo cervello ha, diciamo così, applicato una sorta di “censura” su quelli che erano i reali effetti dell’allergia di Shinku. E ti assicuro, che è stato meglio così.-
Jun rimase un attimo zitto e poi chiese:
-Cosa le accade se anche solo un suo braccio rimane nudo all’aria aperta?-
-Si gonfia!- rispose Rozen.
-Si formano macchie scure simili a quelle da ustione e le spuntano innumerevoli bubboni. Se si scopre il petto, inoltre, è peggio perché si gonfia così tanto da sembrare ingrassata e le provoca difficoltà respiratorie. Fortunatamente esiste una pomata apposita per il suo problema, ma conviverci non è facile.- aggiunse.
-Lo credo.- disse Jun con aria afflitta.
-Mi fa piacere che ti preoccupi per lei. Sei un vero amico.-
Jun arrossì.
-Beh… sì… le… le voglio molto bene...-
Rozen sorrise. Per Jun era ora di andare così si alzò, salutò Rozen e si diresse verso la porta.
-Prima di andare, mi può dare il numero di telefono di Shinku? Così poi la chiamo.-
-Dammi tu il tuo. Così quando mi chiamerà, perché so che mi chiamerà, glielo lascio e ti chiamerà lei.-
-Va bene!-
-La Rosa Mystica non esiste più da molti anni ormai. E’ tornata al suo posto originario.- disse Rei.
-Co… come sarebbe?- disse Shinku.
-Sarebbe che, dopo quella brutta storia, è tornata dov’è sempre stata!-
Shinku s’incupì in volto.
-Cosa accadde?-
Rei abbassò lo sguardo e iniziò a raccontare.
-Jade è sempre stato un paese pacifico dove tutti si aiutano a vicenda. Fu per questo che Laplace, il nostro dio protettore che vive sulla luna, ci regalò la magica Rosa Mystica in grado di esaudire ogni desiderio. Costruimmo un tempio dove conservarla e dove ognuno andava ogni volta che aveva qualcosa da desiderare. Un brutto giorno, però, una donna desiderò una bruttissima cosa: la morte di suo figlio che aveva solo tre mesi.-
Shinku sbarrò gli occhi per l’incredulità.
-Laplace se ne accorse subito e la punì tramutandola in pietra con il suo sguardo. Dopodiché riportò la Rosa Mystica con sé sulla luna.-
-Capisco…- disse Shinku abbassando lo sguardo triste.
-Senti, sto per tornare al castello. Vuoi venire con me?- le chiese Rei.
-Non vorrei disturbare…-
-Nessun disturbo. La principessa Suiseiseki sarà felice di ospitarti.-
Così, i due salirono sul cavallo dirigendosi al castello verde. Quando i soldati e i servitori videro Shinku, rimasero molto colpiti.
-Anche loro sono rimasti rapiti da te.- le sussurrò.
Rei la portò al cospetto della principessa Suiseiseki. Era una ragazza di quattordici anni che indossava un lungo abito verde, che sembrava più campagnolo che da principessa, aveva lunghi capelli marroni, sulla testa portava una lunga bandana e i suoi occhi erano di due colori diversi: verde il destro e rosso il sinistro.
-I miei rispetti, principessa.- disse Rei inchinandosi seguito da Shinku.
-Vorrei presentarle Shinku. Si era persa nel bosco e ho pensato di ospitarla qui per una notte.- aggiunse.
-Hai fatto bene. Molto lieta Shinku, sono la principessa Suiseiseki.-
-Lieta di conoscerla.-
-Cosa facevi nel bosco?-
-Sono venuta qui per cercare la Rosa Mystica, ma so che ormai…- non finì la frase.
-Eh, sì. Purtroppo è così. Mi spiace…- disse Suiseiseki sinceramente dispiaciuta per lei.
Shinku s’incupì di nuovo e Suiseiseki ordinò ai suoi suonatori di corte di tirarla su con un po’ di musica. Un po’ funzionò, ma non molto.
-Scusi principessa, ma sono un po’ stanca.-
-Chiamami Suiseiseki e dammi del tu. Ti faccio subito accompagnare nella tua stanza.-
-Grazie.- le disse con un sorriso.
-Vuoi mangiare qualcosa, prima?-
-No, grazie. Sto bene così.-
-Come vuoi.-
Shinku fu condotta nella stanza e, chiusa la porta alle sue spalle, si stese supina sul letto con le braccia dietro la nuca.
“Jun…” pensò.
Non uscì dalla stanza per tutto il tempo. Quando i domestici le chiedevano se voleva mangiare qualcosa lei rispondeva sempre di no e loro se ne andavano pensierosi. Perfino Suiseiseki stessa cercò di invitarla a cena, ma senza successo. Quando uscì dalla stanza disse tra sé e sé:
-Doveva essere un desiderio davvero importante per lei. Mi fa una pena, poverina…-
A notte fonda, Shinku si affacciò alla finestra e guardò la luna piena che brillava nel cielo notturno e stellato.
-E’ il momento.- disse tra sé.
Stava per spiccare il volo, quando una strana luce gialla dietro di lei la frenò. Era una porta dimensionale dal quale uscì una strana figura. Era molto alto e magro, indossava uno smoking, due candidi guanti gli coprivano le mani e la sua testa era di un coniglio bianco, sopra la quale vi era un piccolissimo cappello a cilindro, dagli inquietanti occhi rossi.
-Ch… chi sei?- chiese Shinku un po’ inquieta.
-Sono il dio protettore di questa gente, mi chiamo Laplace!- rispose facendole un galante inchino.
-P… piacere…-
-Non aver paura di me.- la rassicurò il dio.
-Chiedo scusa…-
Lui le sorrise.
-Volevi venire nella mia dimora, giusto? Andiamo allora.-
Laplace si diresse nella porta dimensionale da lui aperta e Shinku lo seguì. Si ritrovò in una stanza completamente bianca e piena di colonne dello stesso colore. L’unica cosa diversa, in tutto quel bianco, era un trono dorato. Laplace ci si sedette e chiese:
-Dunque, vuoi la Rosa Mystica per esaudire un desiderio, è così?-
-Sì…- disse Shinku.
-Una bambina come te cosa mai vorrebbe desiderare?-
-Voglio diventare un’umana!-
Laplace rimase perplesso.
-Non ho capito bene…-
Senza dire nulla, Shinku sollevò la manica dell’abito mostrandogli la giuntura.
-Ah!- esclamò stupito.
-Chi è stato a darti la vita?- aggiunse.
-Una maga che vive nella stella Gienah della costellazione del cigno. Si chiama Kirakishou.-
-Immaginavo. Solo lei è capace di farlo.-
-La conosci?-
-Siamo vecchi amici. Comunque, perché vuoi diventare un’umana? Sai che se lo diventerai conoscerai la fame, la sete, il freddo e, soprattutto, la morte?-
-Anche Kirakishou me l’ha detto, ma non fa niente. Lo faccio per Jun!-
Laplace rimase zitto un secondo.
-E’ un tuo amico?-
-E’ qualcosa di più. Io lo amo.- disse Shinku arrossendo.
Laplace sorrise.
-L’amore è davvero un bel sentimento. Mi hai convinto!-
-D…davvero?- disse lei con le lacrime agli occhi per la gioia.
Lui annuì e la condusse in un’altra stanza sempre bianca. Lì c’era solo un piccolo altarino sopra al quale c’era un gioiello rosa attorniato da due anelli di luce bianca.
-Quella è la Rosa Mystica. Ti basterà toccarla ed esprimere il desiderio.- disse Laplace.
Shinku annuì, si avvicinò all’altare, toccò la Rosa Mystica ed espresse il desiderio. Ci fu un intenso bagliore e, quando svanì, Shinku si guardò attorno confusa.
-Non sei più una bambola, ora.- disse Laplace.
Istintivamente, lei si scoprì il braccio e quando vide che era come quelli umani si commosse.
-Sono felicissima!- disse.
Laplace le fece una carezza e le sorrise.
-Ora puoi tornare dal tuo amore.-
Aprì una porta dimensionale dicendole che una volta varcata si sarebbe trovata davanti alla porta di casa.
-Grazie, ma prima vorrei salutare la principessa Suiseiseki e Rei per essere stati così gentili con me.- disse Shinku.
-Ho già cancellato loro la memoria. Non ricorderanno di averti incontrata.-
Shinku provò un leggero dispiacere, ma ormai il fatto era fatto e così varcò la porta dimensionale.
-Addio, piccola Shinku.- la salutò Laplace con un inchino.
-Addio Laplace, è stato un vero piacere conoscerti.-
Scomparso il varco dimensionale, Shinku si ritrovò davanti la porta di casa.
“Come faccio ad entrare ora?” pensò.
All’improvviso si ricordò della finestra della stanza da lavoro dove era stata costruita. Fortunatamente, come pensava, era aperta e con un po’ di fatica riuscì ad entrare.
“Ora potrei andare da papà, ma mi sento strana…”
Iniziò a sbadigliare.
“Questo deve essere il famoso sonno. Papà me ne aveva parlato.”
Silenziosamente andò in camera sua, si stese sul letto e crollò all’istante in un sonno profondo. La mattina dopo, un raggio di sole bussò dolcemente sulle sue palpebre così da svegliarla.
“Adesso capisco cosa significa dormire. E’ bello. Ah. Chissà se papà è ancora in casa.”
Andò, silenziosamente, verso la camera di Rozen. Quando entrò, lo vide che dormiva. Senza far rumore, gli si avvicinò e gli accarezzò delicatamente il viso. Rozen aprì gli occhi lentamente e grandissima fu la gioia nel rivederla che la abbracciò forte. Shinku provò una bella sensazione di tepore in quell’abbraccio.
-Ora anch’io sono un’umana come te.- gli disse.
-Sono felice!- disse lui.
A un tratto, Shinku avvertì uno strano rumore provenire dalla sua pancia.
-Cos’era quel rumore?- chiese al padre.
-Ah, ah, ah, ah!- rise lui.
-Quello è una specie di… “segnale” che ti avverte che hai fame. Ora potrai conoscere i sapori buoni del cibo.-
Le preparò una tazza di tè accompagnato da una scatola di biscotti al burro.
-Tieni, assaggia. Soffia un po’ perché scotta.-
Shinku eseguì e diede un piccolo sorso.
-E’ buono.- disse sorridendo.
-Provalo con i biscotti. Inzuppane uno e mordilo.-
Mangiò i biscotti e bevve il tè davvero con gusto. Quando finì suo padre gli diede un foglio con su scritto il numero di telefono di Jun e le disse una buona storia plausibile da potergli raccontare.
-Grazie. Lo chiamo subito.-
-Pronto? Casa Sakurada.- disse una voce femminile dall’altra parte.
-Pronto, Nori? Sono Shinku.-
-Ah, ciao piccola Shinku. Vuoi Jun? Te lo passo subito.-
Dopo qualche secondo di attesa:
-Sh… Shinku.- disse lui con un tono tra l’imbarazzato e commosso.
-Ciao. Scusa se non ti ho chiamato subito, ma ero troppo arrabbiata con mamma che mi ha portato via senza darmi il modo di salutarti. Ora però, dopo molta fatica lo ammetto, son riuscita a convincerla a stare con lo zio Rozen… e con te.-
-Quindi sei a casa di tuo zio?-
-Sì!-
-Non muoverti di lì!- e riattaccò.
Tempo mezz’ora, e Jun era a casa di Shinku. I due si abbracciarono e uscirono a fare una passeggiata.
-Sono davvero felice di vederti.- disse lui timidamente.
-Anch’io.- disse lei con un sorriso.
Arrivati nel bosco, lei gli prese la mano facendolo sussultare un po’. Si sedettero davanti al fiume e Shinku si tolse il copricapo e si sciolse le code lasciando che una leggera brezza facesse ondeggiare i suoi lunghi capelli. Jun era rimasto a bocca aperta da quella visione. Le sembrava un angelo sceso in terra. Shinku gli sorrise e, istintivamente, alzò le maniche del vestito.
-Che… che fai?- chiese Jun con timore.
-Tranquillo. Guarda!- disse lei.
Jun notò che non le succedeva niente.
-Ma che…-
-Le mie preghiere sono state ascoltate. L’allergia è scomparsa!- disse con le lacrime agli occhi.
Entrambi si guardarono e si abbracciarono forte.
Tornarono a guardarsi e finalmente, Jun prese coraggio e la baciò. Shinku provò una sensazione bellissima che mai, se era ancora una bambola, e poi mai avrebbe provato. I due vissero per sempre insieme felici.


FINE


Edited by Laplace Demon - 1/10/2010, 13:18
 
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Neko~Kirakishou
view post Posted on 26/10/2010, 19:47




CITAZIONE
Il fatto che Laplace viva sulla luna è un palese riferimento alla leggenda giapponese secondo la quale, appunto, i conigli vivono sulla luna.

REISENNN *çç*

E-hem, coffete coffete XD
Premesso che io odio la coppia ShinkuXJun, questa fic mi è comunque piaciute perchè ha un che di...boh °w° forse di Fantasy che rende tutto molto piacevole da leggere! Bravo, un bel 8 1/2 meritato uwu


CITAZIONE
dagli inquietanti occhi rossi.

AHA *punta dito*
 
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view post Posted on 26/10/2010, 22:03
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CITAZIONE (Neko~Kirakishou @ 26/10/2010, 20:47)
AHA *punta dito*

XD e se leggi l'altra(Dolls And Robots War) che farai? Me ne punti due di dita come minimo XD

P.S. Grazie del voto. ^_^
 
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Suigin Tou
view post Posted on 9/3/2011, 20:12




Medium come hai osato scrivere una storia sulla mia peggior nemica e non sulla tua bambola?!
(Ovviamente scherzo!9/10 mi è piaciuta moltissimo!!)
 
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3 replies since 30/9/2010, 14:33   52 views
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