Dolls And Robots War

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view post Posted on 14/8/2010, 15:40
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Titolo: “Dolls And Robots War”
Data di creazione: 20/07/2010
Nota: La storia di questa fanfiction è chiaramente ispirata al film d’animazione intitolato “9”.
Nota2: Il carattere buono di “Unità Alice” è ispirato a Chachamaru di Negima.
Nota3: Il vestito di “Unità Alice” è quello di Barasuishou dal colore diverso.
Nota4: Tutti i movimenti musicali di Kanaria hanno titoli di canzoni esistenti e non inventati.
Nota5: Anche le canzoni cantate da Laplace non sono inventate.
Nota6: La musica del carillon è il “tema di Laplace” direttamente dalla colonna sonora di Rozen Maiden.
Nota 7: Tutti i capitoli sono in spoiler per poter entrare tutta in un unico topic senza doverla spezzettare. Un trucchetto utilissimo. ^_^
Trama: In un mondo futuro, i robot lavorano a stretto contatto con gli umani. Uno di questi, nome in codice “Unità Alice”, creato da un ex costruttore di bambole chiamato Rozen, impazzisce e porta il caos. Rozen, per rimediare al danno, creerà sette bambole particolari che riporteranno la pace nel mondo.



Dolls And Robots War



Introduzione

SPOILER (click to view)
I robot hanno conquistato il mondo trasformandolo in un inferno. E la colpa è solo unicamente mia. La maggior parte di essi li avevo creati io, Rozen. In principio lavoravo in un negozio di bambole. Ne creavo tantissime, alcune delle quali capaci di parlare il linguaggio umano, e non limitandosi a dire semplicemente “mamma” “pappa” o ti “voglio bene”, camminare e perfino provare emozioni. Questo faceva impazzire le bambine che non avevano un fratellino o una sorellina con cui giocare. Il mio grande talento fu, un giorno, scoperto da un pezzo grosso che lavorava per il governo e mi chiese di dare una mano nella costruzione di robot utili per qualsiasi mansione domestica e bellica. L’ultima parola mi fece disgusto, ma accettai la creazione di robot per uso domestico. Mi misero a lavorare con un gruppo, però io non ero capace a lavorare circondato da gente perché preferivo starmene in proprio, così mi lasciarono fare il lavoro in piena libertà e solitudine. In poco tempo, le mie creazioni videro la luce e lavoravano fianco a fianco con e per gli umani. Tutto andava liscio finché non decisi, dannato me, di creare un robot tuttofare, o meglio, un androide tuttofare chiamato “Unità Alice” o più semplicemente Alice. Le avevo dedicato il nome della mia seconda più grande gioia: mia figlia. Di androidi ne avevo creato qualcuno, ma Alice rappresentava per me la perfezione assoluta. Era brava in tutto e tutti la adoravano specialmente per i suoi atti di carità verso chi si trovava in difficoltà. Fu proprio questo a trasformarla. Una donna anziana stava per essere investita da un’auto e Alice la salvò facendole da scudo. La botta la scaraventò abbastanza lontano e sbattè violentemente la testa sull’asfalto. Quando si rialzò sembrava tutto a posto. Mi sbagliai. La botta l’aveva seriamente danneggiata, facendole perdere il senso della ragione, trasformandola in una macchina assassina e lo dimostrò uccidendo con una violenza inaudita la vecchietta che aveva salvato e l’uomo che l’aveva investita e danneggiata. Le cause di questo malfunzionamento era, molto probabilmente, causato da un bug. Ma non si saprà mai con certezza. A nulla servì l’intervento dell’esercito perché l’avevo creata con un metallo resistente alle armi umane. Fu una carneficina. Io tentai di parlarle e farla ragionare, ma rischiai di morire strozzato dalle sue stesse mani se non arrivarono alcuni soldati a distrarla e permettermi di fuggire. La sua follia non si fermò. Riprogrammò tutti i miei robot e androidi trasformandoli in assassini come lei e in pochi mesi la terra diventò un vero inferno. Il suo esercito si divertiva a dare la caccia e uccidere la gente oppure li catturavano per farli diventare cyborg e accrescere ancor di più il loro numero. Dopo il mio tentativo di parlare con lei, avevo appena raggiunto casa mia e dissi a mia moglie Shinku di prendere la bambina e fuggire. Ad un tratto, il mio cane uscì dalla porta e mia figlia lo seguì per recuperarlo. Fu un attimo. Due robot, che in principio venivano utilizzati come stereo nelle discoteche, erano stati modificati in robot da guerra dotati di lanciarazzi al posto delle casse e una mitragliatrice in mezzo al petto. Lei e il cane furono crivellati di colpi senza che avessero il tempo di accorgersene. Mia moglie Shinku gridò in preda alla disperazione correndo verso la nostra piccola e anche lei fu uccisa senza pietà. Tanto era il dolore che non riuscii a muovere un muscolo. Solo il mio cuore urlava e piangeva al posto mio. Mi ritengo un quasi miracolato dato che i due robot, dopo aver compiuto quel barbaro omicidio, non entrarono in casa ma se ne andarono emanando un suono che pareva una risata. Quando fui sicuro che fossero lontani uscii di casa, mi inginocchiai sui corpi di Shinku e Alice e iniziai a piangere. Le cose più importanti della mia vita erano state spazzate via come polvere da una tempesta malefica. Giurai che mi sarei vendicato e che Unità Alice sarebbe stata distrutta per sempre. Dopo aver dato una degna sepoltura a mia moglie, mia figlia e il mio cane, andai in una biblioteca un po’ in rovina. Qualche libro si era salvato e quindi speravo tanto che ci fosse anche quello che cercavo. Fortunatamente fu così. Era un libro sulla magia e l’alchimia. Il mio scopo era quello di creare qualcosa che avrebbe contrastato Unità Alice ed il suo esercito. Studiai per settimane nel mio studio. Imparai piuttosto in fretta e decisi di rispolverare la mia vecchia attività di costruttore di bambole. I primi tentativi non furono proprio felici. Prima di inserire il pezzo che fungeva da “cuore” delle bambole, le resi molto più resistenti degli androidi di Unità Alice grazie anche alla magia e infine, con una formula alchemica, trasformai il loro “cuore” in un magico globo di luce che ribattezzai Rosa Mystica. Quando però lo inserii al loro interno e le caricai iniziarono a tremolare per poi esplodere. Così tentai e tentai finché non creai una bambola, che ribattezzai Suigintou e la vestii con un abito blu notte ottocentesco perché adoravo l’ottocento, e la caricai. Non esplose ma neanche apriva i suoi occhi. Pensai di distruggerla all’inizio ma ebbi la sensazione che forse si sarebbe svegliata da sola prima o poi e così la misi seduta su una poltrona giocattolo adatta ad una bambola come lei. Ne creai un’altra che chiamai Kanaria in riferimento al colore del vestito che le avevo scelto, ma anche lei, dopo essere stata caricata, non ebbe alcuna reazione. Eppure, qualcosa dentro di me diceva che prima o poi si sarebbero svegliate. Dovevo solo avere fiducia e aspettare. Dopo Kanaria creai due bambole gemelle, anche se avevano alcune cosette che le differenziavano: Suiseiseki, la prima, aveva i capelli lunghissimi, il suo occhio destro era verde e l’altro rosso, mentre sua “sorella” Souseiseki aveva capelli a caschetto e i suoi occhi erano semplicemente invertiti. Anche per loro due il discorso era lo stesso. La quinta bambola che creai le avevo dato gli occhi azzurri, i capelli lunghi biondi e il nome di mia moglie: Shinku. Hina Ichigo, la sesta bambola, era invece il ritratto della mia piccola Alice che amava tanto i vestitini rosa ed io l’avevo appunto soprannominata così.

*Le lacrime scendono dal suo viso ed interrompe la scrittura del diario per un attimo per asciugarle*

Infine creai Kirakishou pensando all’inverno. Tutte e sette continuano a non muoversi e io ancora adesso sto seduto a fissarle in attesa.


Rozen


*Giorni dopo.*


Sono passate tre settimane e ancora stanno ferme. Credo proprio di aver sbagliato qualcosa di importante, ma non capisco cosa. Ho sentito un rumore. Per il momento chiudo qui. A più tardi, sperando ci sia qualche progresso.

Rozen


Capitolo 1: Il risveglio

SPOILER (click to view)
Un odore insopportabile mi destò dal sonno. Aprii gli occhi lentamente e quello che mi si parò davanti era uno spettacolo a dir poco disgustoso. Il cadavere, seduto su una poltrona, di un giovane dai capelli biondi con il petto forato e macchiato di rosso. Ero su una mensola, seduta su una piccola poltrona dorata, alla mia sinistra e alla mia destra ce ne erano altre di sedie dorate ma vuote. In tutto erano sette. Diedi un’occhiata al mio corpo. Capii che ero una bambola di circa trenta centimetri. Sotto i miei piedi c’era un foglietto di carta con scritto “Shinku”. Immaginai fosse il mio nome. Curiosamente anche vicino alle altre poltrone ce n’era uno e questo mi fece pensare che non ero l’unica. Lessi tutti gli altri nomi, ma non mi aiutò molto dato che non c’era nessuno. Scesi dalla mensola atterrando sulla scrivania dell’uomo sopra un libro aperto e guardai quella stanza piena di librerie e libri. La finestra aveva il vetro rotto e tirava un vento incredibile. Solo dopo mi resi conto di uno strano suono provenire da sotto la scrivania. Sembrava il singhiozzare di una bambina.


Capitolo 2: La missione

SPOILER (click to view)
Mi diressi alla fonte del suono e notai, nella penombra, una piccola figura tonda. Quando mi avvicinai di più la vedi meglio: era una bambola come me, dall’aspetto di una bambina di cinque anni, con un vestitino e un fiocco rosa sulla testa e capelli, non molto lunghi, biondi e cotonati, tutta rannicchiata su se stesa in posizione fetale.
-Ciao, perché piangi?- le chiesi sorridendole con dolcezza.
-Sniff... so… sorellina, ti sei svegliata! Non so dove sono e ho paura!- disse lei tirando su col nasino.
-Non aver paura.-
La piccola si asciugò le lacrime e mi abbracciò continuando a singhiozzare un po’.
-Su dai calmati.- le dissi consolandola.
Una volta calmata le chiesi il nome.
-Quando mi sono svegliata ho trovato un pezzo di carta, ma non so leggere. Ti ho vista che dormivi e all’inizio non volevo disturbarti. Però poi mi sentivo sola e ho cercato di svegliarti, ma nulla e allora…-
E ricominciò a singhiozzare. Le feci una carezza e le dissi:
-Torniamo sulla mensola e fammi vedere il foglio.-
Non appena arrivammo sotto la mensola, mi sentii leggera come una piuma e mi resi conto di stare galleggiando nell’aria.
-Sorellina, come hai fatto?-
-Chiamami Shinku, piccola. Non lo so, ho semplicemente pensato di volare.-
-Voglio farlo anch’io.- disse sorridendo contenta.
Avevo dei dubbi che ci sarebbe riuscita, ma dovetti ricredermi. La piccolina mi prese per mano e mi condusse alla poltrona accanto la mia.
-Eccolo qua.- disse porgendomelo.
-C’è scritto “Hina Ichigo” quindi il tuo nome è Hina Ichigo.-
-Bello, mi piace.-
“Nome appropriato visto com’è vestita…” pensai.
I miei occhi caddero sul libro su cui ero atterrata poco prima. Mi incuriosiva molto quello che c’era scritto e decisi di leggerlo. Hina Ichigo svolazzava per la stanza ridendo allegra così da permettermi di leggere, anche se all’inizio era un po’ insopportabile. Le pagine erano solo due e mezzo, abbastanza da farmi capire tutto, mentre tutte le altre erano bianche. Nonostante tutto, le sfogliai tutte finché non trovai qualcosa scritto sull’ultima pagina.

Care mie bambole. Se state leggendo questo significa che finalmente vi siete svegliate. Se avete letto questo diario avrete capito il perché vi ho creato. Vi prego, riportate la pace su questo mondo. E’ il mio unico desiderio. Non chiedo altro. Vi voglio bene mie piccole Rozen Maiden.

Rozen


Rimasi un attimo a riflettere, poi decisi di informarmi meglio sulle creazioni di Rozen. In un angolo della stanza c’era uno schedario che non avevo visto, lo aprii e trovai tutti i progetti su tutti i suoi robot, perfino quelli che avevano ucciso la sua famiglia chiamati “unità 1920518515” con tanto di disegno dettagliato, ma non c’era nulla su Alice. Studiai tutta la notte, e meno male che Hina Ichigo a furia di volare si era stancata ed era crollata dal sonno, e imparai tutto quello che dovevo sapere. La mattina dopo svegliai la piccolina e dissi:
-Abbiamo una missione da compiere! Andiamo!- dissi.
-Dove andiamo?- chiese ancora assonnata.
-A cercare le altre nostre sorelle.-
-Sììììì! Che bello!- disse saltellando contenta.
“Beata ingenuità” pensai alzando gli occhi al cielo. Ero indecisa se dirle tutto lo scopo della missione oppure no. Alla fine decisi di parlarle sperando così di non coinvolgerla in qualcosa di troppo pericoloso per lei.
-Non m’importa. Vengo con te perché non voglio stare da sola.-
Sospirai e non dissi altro. Poi mi sorprese con una domanda:
-E se le nostre sorelle non vogliono venire con noi?-
-Se non vogliono non le costringerò, sono libere di fare quel che credono.- risposi.
Volammo verso la finestra rotta e atterrammo dolcemente a terra, consapevoli, soprattutto io, che la ricerca e la missione non sarebbero state tanto facili.


Capitolo 3: Le gemelle

SPOILER (click to view)
Il cielo era sempre coperto da nuvole scure, tanto che era difficile dire se fosse giorno o notte. L’ambiente era invece desolante, pieno di rovine, fuoco e ossa ovunque. Mi preoccupava il fatto che Hina assisteva suo malgrado a certe cose. Camminammo a lungo, poi Hina mi fece notare che volando si faticava meno. Non male per una mocciosa direi. Volammo parecchio quando d’un tratto ci ritrovammo davanti due robot alti come un uomo, grigi metallizzati, due grosse casse stereo al posto delle braccia, un corpo rettangolare delle stesse dimensioni delle casse, un display rosso che fungeva da occhio, sotto di esso spuntava una mitragliatrice e possedeva due gambe. Erano i robot che avevano ucciso la figlia e la moglie di Rozen o, almeno, lo stesso modello. Subito iniziarono a lanciarci contro dei missili dalle casse che prendemmo in pieno. Fummo sorprese, quando il fumo scomparve, che sia i vestiti, sia i nostri corpi, non avevano subito alcun danno. I robot ci attaccarono con le mitragliatrici, ma anche quelle si rivelarono inutili.
-Ora tocca a me attaccare!- dissi.
Volai in picchiata verso quello di destra e gli diedi un pugno tanto forte da farlo cadere a terra. L’altro reagì dandomi un calcio in pancia che non mi fece neanche il solletico. Tentò di attaccarmi di nuovo e attorno al mio corpo iniziarono a ruotare petali di rosa energetici, allungai il braccio verso di lui e questi si diressero su di lui ad alta velocità come proiettili riducendolo ad un colabrodo. Il robot, tutto sforacchiato, cadde a terra ed esplose. Quello rimasto si rialzò pronto all’attacco, ma fu bloccato da rovi con fragole che si erano attorcigliati sulle sue gambe. Era stata Hina Ichigo. Peccato solo che al robot gli bastò un brusco movimento per liberarsi. Il potere di Hina, purtroppo, si rivelò piuttosto inutile. Una volta libero, sparò due cavi metallici, da entrambi i lancia missili, che terminava in una tenaglia blu. Afferrò me e Ichigo alla gola, ci sollevò da terra e subito fummo colpite da una forte scarica elettrica. Nonostante la nostra resistenza non potemmo fare altro che urlare dal dolore. Era così forte che non riuscivo a fare nulla. E questo mi amareggiò molto. Volevo rispettare le volontà del mio creatore e invece stavo per essere distrutta. Guarda caso proprio dallo stesso robot che aveva ucciso la donna da cui avevo preso il nome. All’improvviso, i cavi furono tagliati con incredibile facilità e cademmo a terra. Quando alzai gli occhi, vidi una bambola, che mi dava le spalle, con un cilindro in testa, un vestito blu ottocentesco e cesoie dorate sulla mano destra. Il corpo del robot era avvolto dai rami di una grossa pianta che gli impediva i movimenti. La bambola volò verso di lui e gli conficcò le cesoie nel display, poco dopo esplose e lei riatterrò. Dal nulla comparve un’altra bambola, con un innaffiatoio in mano che andò incontro all’altra, con un lungo vestito verde e dagli occhi di due colori diversi: verde il destro e rosso il sinistro. L’altra con le cesoie si voltò verso di noi e anche lei aveva gli stessi occhi, ma di ordine inverso.
-State bene?- ci chiese dopo aver fatto sparire le cesoie.
-S…sì. Voi due siete…- risposi senza finire la frase.
-Io sono Souseiseki-
-E io Suiseiseki- rispose la bambola con la bandana in testa
-Siete gemelle.-
-Sì.- risposero in coro.
Chiesi loro se conoscevano Rozen e loro mi risposero di sì, dicendomi di aver letto le pagine del diario. Non avevano, però, letto quelle finali e così gliene parlai concludendo chiedendo se volevano unirsi a noi. Le due si guardarono, rivolsero i loro bellissimi occhi su di me ed annuirono. Già quattro Rozen Maiden si erano riunite.


Capitolo 4: L’angelo dalle ali nere

SPOILER (click to view)
Il nostro viaggio continuò. Incontrammo molti robot sul nostro cammino. Alcuni erano di Rozen, altri non erano nei suoi progetti, quindi probabilmente erano tutte creazioni di Alice. Tra loro vi erano: robot quadrupedi dal muso lungo, la bocca zannuta e una lunga coda coperta di spine, squali robotici con ali da aereo e innumerevoli “scheletri” robot, alcuni dotati di zanne, e armati con varie armi che andavano dai fucili, ai mitra e lanciarazzi. Le abilità delle gemelle erano davvero sorprendenti. Il potere di Suiseiseki era quello più ammirevole. Era in grado di manipolare mentalmente i rami delle piante create dal suo innaffiatoio così da staccare gli arti o le teste dei suoi avversari, o anche immobilizzarli per permettere alla sorella, o a me, di dare loro il colpo finale. Non potevo dire lo stesso di Hina Ichigo che, purtroppo, si cacciava sempre nei guai. Come per esempio, quando incontrammo un robot creato da Rozen chiamato “unità 3856”, stava rischiando grosso. Questo robot era impiegato nelle cucine. Aveva l’aspetto di un robot molto grasso, le sue mani avevano la capacità di arroventarsi per cuocere i cibi e, addirittura, la sua pancia era usata come forno. Ed era proprio questa la fine che voleva fare alla piccola Hina. Dopo aver distrutto lui ed altre ex creazioni di... nostro padre, trovammo una chiesa in rovina, ma ancora intatta, e decidemmo di entrarvi per riposarci. Souseiseki ed io stabilimmo dei turni dei guardia e fu lei la prima. Poi toccò a me. Mentre ero concentrata sentii un forte rumore di battito d’ ali venire da fuori. Uscii e mi parve di vedere una figura oscura con lunghi capelli e ali dietro la schiena. La seguii senza farmi vedere, ma scomparve subito dalla mia vista.
“Accidenti!” pensai.
Poi mi resi conto di aver commesso un errore imperdonabile. Mi ero allontanata lasciando le mie sorelle da sole. Tornai immediatamente indietro, ma quando ero quasi arrivata alla chiesa risentii il battito d’ali. Quando mi voltai, avevo davanti un uccello robot grigio metallizzato, un lungo becco affilato, occhi rossi brillanti e le sue ali erano coperte di lame affilate come rasoi. Cercai di colpirlo con i miei petali, ma li evitò. Aprì il becco e iniziò ad emettere un suono assordante che mi costrinse a tapparmi le orecchie ed atterrare. Lui continuava finché poi non si gettò in picchiata pronto a tagliarmi con le sue ali. Mi colpì e le sue lame si spezzarono. Fu costretto ad allontanarsi e tornò ad emettere quell’orribile suono. Non ce la feci più. Stavo per impazzire, quando una pioggia di piume nere gli distrusse le ali sorprendendolo. Cadde a terra ed esplose.
-Sei debole!- mi disse una voce femminile.
Quando riacquistai meglio l’udito la guardai. Era una bambola un po’ più alta di me dai lunghi capelli bianchi, un vestito blu notte, ali coperte di piume nere dietro la schiena e occhi viola.
-Non sono debole.- le dissi alzandomi.
-Tsk. Da quel che ho visto, non si direbbe proprio.-
-Tu sei una delle Rozen Maiden, vero?-
-Sì, sono Suigintou! E tu, se non ricordo male, sei Shinku.-
Annuii. Aveva letto la storia, ma anche lei non conosceva la missione e così gliene parlai chiedendole, poi, se voleva combattere al nostro fianco.
-Sono in debito con nostro padre per avermi dato la vita.- mi disse.
-Ma non ho intenzione di fare una battaglia per un debole che non è riuscito a vendicarsi da solo. E soprattutto non voglio combattere a fianco di una debole come te!- aggiunse.
-Non sono debole ti ho detto.-
-Vediamo!-
Spalancò le ali e mi lanciò contro le sue piume che non mi fecero alcunché.
-Tutto qui?- le chiesi.
-Mocciosa insolente!- mi disse.
Le sue ali presero la forma della testa di un drago e si gettarono contro di me. La botta mi scaraventò lontana. Quando mi rialzai, Suigintou era davanti a me con una spada in mano. Per reazione, io le lanciai i miei petali, ma lei si coprì con le ali come se fosse uno scudo per poi aprirle all’improvviso e rispedirmi contro i petali che mi colpirono e rotolai a terra. Quando mi rialzai di nuovo, lei correva verso di me pronta ad affettarmi. Volevo anch’io una spada, ma sulla mia mano comparve un semplice bastone ricurvo. Istintivamente parai la spada con quello ben sapendo che sarebbe servito a poco. E invece, con sorpresa mia e di Suigintou, il bastone era intatto e così iniziammo a darci battaglia finché una delle due non avrebbe perso l’arma. Bastone e spada cozzavano di continuo. Né Suigintou né io davamo segni di cedimento.
-Sei brava, devo ricredermi.- disse Suigintou.
-Anche tu.- le dissi con un leggero sorriso.
All’improvviso mi colse di sorpresa con un calcio e poi mi diede un pugno buttandomi a terra.
-Ma non abbastanza.-
Mi rialzai infuriata e le restituii pugno e calcio al mittente e la stesi. Quando si stava per rialzare le dissi:
-Basta. Non ha senso combatterci. Se non vuoi venire non ti costringerò. Sei libera di fare ciò che ti pare. Addio.-
-Ma sì, vattene. Chi se ne frega!-
Spiccai il volo senza voltarmi. Tornai dalle mie sorelle che dormivano beate, ignare di tutto quello che era successo. Il giorno successivo raccontai loro l’incontro con la prima delle nostre sorelle e rimasero come scioccate.
-Ma che stupida! Perché non si è unita a noi? Che ignorante!- esclamò Suiseiseki.
Souseiseki invece, molto più saggiamente, disse la stessa cosa che avevo detto io: nessuno deve unirsi a noi se non vuole. Uscimmo dalla chiesa e stavamo per alzarci in volo quando vedemmo sopra di noi Suigintou, con le ali accorciate e galleggiava nell’aria, che ci guardava a braccia conserte.
-Andate da qualche parte? Se non vi dispiace mi unisco a voi.- disse con un sorriso, ammetto, un po’ inquietante.


Capitolo 5: Kirakishou

SPOILER (click to view)
Da quando Suigintou si era unita a noi, ebbi sempre la sensazione di essere osservata. Che Alice ci tenesse in costante osservazione grazie a piccolissime mosche robot lo venimmo a sapere molto dopo. No, chi ci osservava era qualcuno di molto potente. Come di consueto, incontrammo altri robot e, insieme a loro, anche androidi stavolta. Furono creati da Rozen. Incontrammo molti androidi vestiti da poliziotti, da pompieri che usavano il lanciafiamme al posto dell’acqua e androidi che guidavano mezzi come taxi, autobus, ambulanze e carri armati. Quando i mezzi venivano distrutti, i pezzi si attaccavano al corpo dell’androide, che usciva prima che il mezzo scoppiava, trasformandolo in un essere armato fino ai denti, specialmente quelli nei carri armati, e molto alto. Quando li distruggemmo tutti arrivò una creazione di Alice. Un colosso alto due metri che a noi, piccole come eravamo, pareva una montagna. Era marrone, completamente coperto di aculei e dietro la schiena aveva un carapace anch’esso coperto di aculei. Suiseiseki usò l’innaffiatoio e con la sua pianta gli bloccò i movimenti. Suigintou e Souseiseki ne approfittarono, brandirono le loro armi e si gettarono verso di lui pronte a tagliarlo ben bene. Io ebbi il timore, però, che si sarebbero spezzate. Quando lo colpirono non fu così, per fortuna perché erano armi molto resistenti create da nostro padre, ma non lo scalfirono neanche un po’. Il gigante si liberò senza il minimo sforzo, diede a Souseiseki un violento pugno alla pancia seguito da una gomitata e un forte schiaffo a Suigintou che le stese. Io gli lanciai i miei petali, mentre Hina Ichigo e Suiseiseki tentarono di nuovo a bloccargli i movimenti. Nulla da fare. Il colosso si liberò e, con un’agilità sorprendente per la sua mole, mi colpì con una ginocchiata che mi offuscò la vista per un attimo prima di scaraventarmi lontano. Suiseiseki riprovò a usare le piante per staccargli la testa o qualche arto, ma senza successo e si prese un calcio terribile scaraventandola addosso a me. Hina Ichigo era rimasta da sola ed era tanto terrorizzata che non riusciva a muovere un muscolo. Il gigante tentò di schiacciarla sotto il suo grosso piede destro, ma lei cercò di resistere frenandolo con le sue manine. Ebbe una resistenza e una forza notevole, ma nonostante tutto il robot era troppo forte. Mi ripresi e intervenni in suo soccorso riempiendolo di pugni alla testa. Riuscii a distrarlo, così da liberare Hina, ma subito mi afferrò e iniziò a stringermi così forte che urlai disperatamente. Suigintou si era ripresa e utilizzò i suoi dragoni di piume, ma non fu sufficiente. Il robot mi lasciò e caddi a terra. Si diresse verso Suigintou con passo lento e lei, con spada in mano, era pronta a riceverlo. Con un velocissimo movimento, il gigante metallico le si parò di fronte, le afferrò una gamba e la gettò con violenza a terra. Quando stava per rialzarsi, lui era ormai pronto per schiacciarla sotto il suo piede. Improvvisamente accadde qualcosa di incredibile e inaspettato. Dal cielo cadde lentamente della neve solo sul corpo del robot che si guardava attorno stranito. I fiocchi aumentarono fino a diventare una tormenta e lentamente il suo corpo iniziò a congelarsi. Dal cielo scese lentamente una candida figura.
-Chi osa far del male a Gin Sama deve vedersela con me: Kirakishou!- disse.
Aveva lunghi capelli bianchi come Suigintou, era alta come lei, indossava un abito bianco e sul suo occhio destro aveva una rosa anch’essa dello stesso colore. Il robot era ormai diventato un pezzo di ghiaccio. Kirakishou fece apparire sulla sua mano destra una spada che sembrava di ghiaccio e lo tagliò in due verticalmente. Una volta distrutto, Kirakishou si avvicinò a Suigintou e le tese la mano per aiutarla ad alzarsi.
-Non ne ho bisogno, ce la faccio da sola.- disse lei in modo scontroso rialzandosi da sola.
Kirakishou rimase imperturbabile, dopodiché s’inchinò.
-Io ti servirò e ti seguirò sempre Gin Sama. Che tu lo voglia o no.- disse.
-Piantala di chiamarmi così. Io sono Suigintou e basta. E non ho affatto bisogno di servitori o simili.-
-Come ho detto prima: ti seguirò sempre, volente o nolente.-
Suigintou sbuffò ed era quasi tentata a colpirla con la spada se non arrivai io e le altre a calmare i suoi istinti. Una volta che la tensione era calata parlai.
-Quindi tu sei Kirakishou. Sai perché sei stata creata?- le chiesi.
-Per distruggere Alice. Ti ho sentito. Quando mi sono svegliata, vi ho visto dormire. Vedendo Gin Sama giurai a me stessa di servirla e difenderla in caso di pericolo. Quando poi si svegliò, l’ho sempre seguita nell’ombra pronta a intervenire alla prima difficoltà. Quando hai combattuto con lei, sei stata fortunata a bloccarti dopo quel calcio e quel pugno, altrimenti saresti finita come quel colosso.- mi disse con voce fredda e sempre con il viso imperturbabile.
-Quindi sai già cosa voglio chiederti ora, vero?-
-Non fraintendere. Mi unisco solo per Gin Sama e per onorare nostro padre. Nient’altro.-
-Meglio di niente. Più siamo, meglio è.-
Suigintou sbuffò di nuovo e poi riprendemmo il viaggio.


Capitolo 6: La suonatrice Kanaria

SPOILER (click to view)
Oltre ad utilizzare la neve, Kirakishou aveva altri poteri interessanti. Anche lei usava dei rovi che, a volte, utilizzava come fruste in grado di tagliare i corpi dei robot e gli androidi come se fossero di burro, oppure lanciava una tempesta di lame di ghiaccio molto affilate. La cosa più particolare di tutte, però, era che al contrario di noi non aveva bisogno di dormire. Quindi Suigintou fu ben felice di utilizzarla come guardiana, tutte le volte che dormivamo, senza più bisogno che ogni volta io, lei e Souseiseki ci davamo il cambio. Dopo aver distrutto altre creazioni di nostro padre e di Alice passammo sopra quello che, un tempo, doveva essere un porto visto che c’erano numerose carcasse arrugginite, alcune distrutte e altre intatte, di navi.
-Sono stanca. Perché non riposiamo qui?- chiese Hina Ichigo.
Io e le gemelle le sorridemmo e l’accontentammo. Atterrammo sul ponte della prima nave che ci capitò e subito lei crollò dal sonno.
-Eh, aveva proprio sonno!- dissi sorridendo.
Anche le altre si stesero a terra e si addormentarono. Prima che io facessi altrettanto, vidi Kirakishou sedersi sulla ringhiera della prua per fare la guardia. Sembrava una polena. Sorrisi a questo pensiero e mi addormentai.
-Primo movimento: Allegro!-
Un grido, seguito da una melodia suonata con il violino, e un esplosione, mi svegliò di colpo. Le altre dormivano pesantemente, mentre notai che la nostra “polena” aveva lasciato la sua postazione. Fluttuava alla mia sinistra e osservava tre colonne di fumo lontane. Volai e mi misi accanto a lei.
-Forse abbiamo trovato Kanaria, l’ultima Rozen Maiden.- mi disse freddamente.
-Andiamo a vedere.- dissi.
-Andiamo? Tu non sei Gin Sama. Io non prendo ordini da te.-
Sospirai e mi diressi da sola verso il punto indicato dal fumo. Una volta giunta, vidi una bambola di spalle con un violino poggiato sulla spalla sinistra ed il mento, alta più o meno come me, indossava una giacca gialla canarino, pantaloni arancioni, i suoi capelli erano di una tonalità grigio-verde, raccolti in due ampie codine boccolose e ornati da una coccarda a forma di cuore. Dato che si guardava continuamente attorno, intravidi che i suoi occhi erano di un bel verde brillante. Una mano metallica uscì dal terreno afferrandole la caviglia.
-Ah, maledetto! Counterattack Partita!- disse.
Pizzicò appena una corda del violino, dal quale fuoriuscì una piccola onda d’urto che distrusse la mano, costringendo il robot a uscire allo scoperto. Si trattava di un grosso verme robot dotato di braccia e la cui testa era un’enorme bocca tonda piena di zanne.
-Se pensi che Kanaria si faccia fregare come l’altra volta, ti sbagli di grosso.-
Posizionò il violino tra la spalla e il mento e…
-Secondo movimento: Touch The Sky!-
Iniziò a suonare, ma il verme astutamente tornò sottoterra. Curiosamente tornò in superficie, come se fosse un tappo di bottiglia, perché era stato spinto da una forte onda d’urto partita da sottoterra, e volò in cielo scomparendo totalmente.
-Gli ha fatto toccare il cielo proprio come aveva detto.- dissi tra me.
-E’ in gamba, la piccola!- disse Kirakishou sbucando dal nulla accanto a me e cogliendomi di sorpresa.
- Quando si svegliò, pochi giorni dopo di me, ero convinta che fosse un’incapace. Devo correggermi.- aggiunse.
Atterrammo e ci avvicinammo a Kanaria che, sentendoci, si girò e si mise in posizione d’attacco.
-Ferma, non siamo tuoi nemici!- mi affrettai a dire.
-Finalmente hai deciso di svegliarti. Kanaria è felice di vederti.- disse.
“Che tipa strana, parla in terza persona.” pensai.
Mi presentai, le feci conoscere Kirakishou e raccontai anche a lei la storia con la solita domanda finale.
-Kanaria verrà volentieri con voi. Deve onorare suo padre.- disse.
-Perfetto!-
In quel momento arrivarono Suiseiseki e le altre. Dopo che ognuna si era presentata, l’ultima che rimase era Hina Ichigo che si avvicinò a Kanaria, si presentò salutandola e poi, con occhi che brillavano di meraviglia, le chiese:
-Vuoi giocare con me?-
L’altra sorrise.
-Kanaria giocherà volentieri.-
E così, tutte noi Rozen Maiden eravamo finalmente riunite.


Capitolo 7: Il Bianconiglio

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Con l’arrivo di Kanaria, la nostra forza aumentò notevolmente. Anche Hina Ichigo acquistò coraggio e forza, anche se a dirla tutta continuava a cacciarsi nei guai, ed eravamo ormai incontrastabili. Mentre continuavamo la nostra interminabile ricerca della base di Alice, passammo sopra un grande giardino fiorito. Dopo aver visto solo terra arida rimasi molto meravigliata. E non fui la sola. Anche le altre, tranne la gelida Kirakishou. Hina Ichigo atterrò e cominciò tutta divertita ad accarezzare i fiori insieme a Kanaria. Kirakishou andò a perlustrare meglio la zona. Tornò pochi minuti dopo dicendo d’aver trovato una villa intatta, anche se coperta da muschio e piante. Decidemmo di comune accordo di riposarci lì dentro e ci avviammo. Era una bella villa nonostante tutto. Molto grande. Doveva appartenere a una famiglia importante. Kanaria e Hina Ichigo erano al settimo cielo. Per loro quello era un posto perfetto per giocare a nascondino. Mentre loro giocavano io, Suigintou e le altre la perlustrammo. Quando arrivammo davanti alla porta socchiusa della sala da pranzo, sentimmo la bellissima melodia di un carillon. Aprii delicatamente la porta e vedemmo, in fondo la sala, accanto ad un camino acceso, seduto su una poltrona, con in mano, coperte entrambe da due candidi guanti, il carillon, un uomo in smoking. Ma aveva qualcosa di strano. La sua testa era bianca ed aveva due lunghe orecchie da coniglio in mezzo alle quali troneggiava un piccolo cappello a cilindro. Sentendoci, alzò lo sguardo verso di noi. La sua testa era proprio quella di un coniglio bianco, ma i suoi occhi erano rossi e inquietanti. Ci fissò per molto tempo e, quando il carillon smise di suonare, si alzò e lo mise sul camino. Ci riguardò, ci sorrise e lentamente si avvicinò a noi con passo elegante. Ora che era in piedi era davvero molto alto e incredibilmente magro. Benché ci sorrideva, mi inquietava molto e mi misi in posizione di difesa. Lui però non badò né a me né a Suigintou, Suiseiseki e Souseiseki, ma solo a Kirakishou e, infatti, le si avvicinò e le fece un galante inchino. Poi s’inginocchiò e la sorprese prendendole la mano baciandogliela, lasciando noi altre a bocca aperta.
-I mie omaggi, splendida dama bianca. Il mio nome è Laplace No Ma o, più semplicemente, Laplace. Posso invitarla a ballare?- le chiese.
Aveva davvero una bella voce. Avevo pensato fosse un androide di Alice, ma a differenza di loro la sua voce non era metallica e priva di emozioni. Anzi, era incantevole. Per la prima volta, da quando la conobbi, vidi sul volto imperturbabile di Kirakishou formarsi un sorriso.
-Più che volentieri!- disse lei cominciando a fluttuare.
I due iniziarono a ballare. Mi stupii di come Kirakishou sapesse ballare così bene. Era davvero uno spettacolo e non potemmo far altro che guardarli incantati. Laplace aveva anche iniziato a cantare, visto che un ballo senza musica non era per niente bello, ed era davvero molto intonato:
-Play me Old King Cole
That I may join with you,
All your hearts now seem so far from me
It hardly seems to matter now.

And the nurse will tell you lies
Of a kingdom beyond the skies.
But I am lost within this half-world,
It hardly seems to matter now.

Play me my song.
Here it comes again.
Play me my song.
Here it comes again
.-
All’improvviso si fermò, lasciò Kirakishou e la sorprese con un calcio rotante che la scaraventò a terra facendola svenire. Noi uscimmo subito dal torpore in cui eravamo cadute, ma Laplace, con uno scatto rapidissimo, colpì con un pugno Suiseiseki per poi colpire anche lei con un calcio rovesciato. Souseiseki fece apparire le sue cesoie e tentò di attaccare, ma Laplace la afferrò per il collo, la sollevò e la lanciò verso la sorella. Suigintou brandì la sua spada e, con un salto, era pronta a tagliarlo in due. Con molta non curanza, Laplace afferrò la lama della spada con due sole dita della mano destra. La cosa più scioccante era che Suigintou non riusciva più a muoverla nonostante si sforzasse tantissimo. Era davvero forte.
-E’ così difficile? Dai ragazza. Mettici un po’ più di forza.- le disse con sarcasmo.
-Che… che bastardo…-
-Va bene, ho capito.-
Mollò la presa e le diede un calcio alla pancia. Quando si chinò le afferrò il mento con la mano sinistra, la sollevò senza sforzo e la lanciò addosso una parete. In quel momento arrivò Hina Ichigo, che cercava un posto dove nascondersi, e quando vide cosa stava accadendo usò i suoi rovi per bloccare i movimenti di Laplace. Suiseiseki si era ripresa e anche lei gli bloccò i movimenti con le sue piante sollevandolo in aria. Ne approfittai per attaccarlo con i miei petali, ma si rivelò inutile. Non era un androide come gli altri. Era resistente quanto noi. In quel momento giunse anche Kanaria e, senza porsi domande, fece comparire magicamente il suo violino e disse:
-Terzo movimento: Raconteur Troubadour.-
Iniziò a suonare una bella melodia in grado di danneggiare i sistemi e i circuiti dei robot. Eppure, Laplace rimaneva immobile con il suo sorriso inquietante stampato sul volto.
-Bella musica. Hai davvero un gran talento.- le disse.
Kanaria rimase sorpresa. Laplace si liberò dalla sua prigione con facilità e tornò con i piedi per terra. Fece un’agile capriola, si avvicinò a Suiseiseki, le avvinghiò le gambe attorno al collo e si diede uno slancio all’indietro facendole sbattere la testa sul pavimento. Sbarazzatosi di lei, comparve, con un rapido movimento, davanti a Hina Ichigo e le afferrò i capelli dietro la nuca. Stessa cosa fece con Kanaria per poi far cozzare violentemente le loro teste l’una sull’altra. Tutte erano a terra. Ero rimasta solo io in piedi. Laplace fece un balzo all’indietro e atterrò di fronte a me. Ebbi il tempo per deglutire e alzare il braccio destro per attaccare, ma lui fu più veloce e mi afferrò il collo sollevandomi da terra. La sua stretta era fortissima. Mi mancava il respiro. La vista iniziò ad offuscarsi. Mi sentii mancare. Sentivo il mio collo emettere piccoli scricchiolii. Non volevo che tutto finisse così. Sconfitta da un uomo coniglio. Che cosa umiliante. Iniziai a piangere e, sempre senza accorgermene, esclamai:
-Padre… Rozen… perdonaci!-
La presa di Laplace si allentò di colpo e lentamente abbassò il braccio facendomi ritoccare terra. Quando mi lasciò, m’inginocchiai e iniziai a tossire.
-Rozen… quanto tempo non sentivo questo nome.- disse.
Io rimasi sorpresa da questa frase e quando mi ripresi alzai il mio sguardo su di lui. Dai suoi inquietanti occhi rossi scendevano lacrime. In quel momento, Suigintou, Kirakishou, Suiseiseki e Souseiseki si erano riprese ed erano saltate addosso a Laplace colpendolo con pugni e calci. Lui era in piedi a subire senza muoversi.
-Questo è tosto. Non cade giù.- dissero.
-Avete finito? Ora basta.-
-Lo dico io quando basta, dannato conigliaccio.- disse Kirakishou infuriata come non lo era mai stata.
-Ho detto basta. Il gioco è finito.-
Si avvicinò a me dopo aver scacciato tutte con uno spintone e mi accarezzò il viso con dolcezza.
-Che… significa?- gli chiesi.
Anche le altre, tra cui Hina e Kanaria che si erano riprese, fecero la stessa domanda. Laplace si avvicinò al camino, prese il carillon, girò la manovella e quando cominciò a suonare alzò lo sguardo e iniziò a raccontare:
-Prima che “Unità Alice” fu creata, Rozen aveva costruito me. Un ricco signore di una famiglia altolocata gli aveva commissionato un androide maggiordomo tuttofare, capace di provare emozioni, che sarebbe stato anche un ottimo compagno di giochi per sua figlia. Lui eseguì l’ordine e, dato che alla bambina piacevano molto i conigli, mi diede questo aspetto. Passò qualche anno e Rozen, desideroso di creare un androide tuttofare prendendo me come ispirazione, creò “Unità Alice”. Come si sa lei impazzì, il mondo finì nel caos e molte creazioni di Rozen furono riprogrammate. Anch’io ero nella lista e i suoi scagnozzi uccisero i miei padroni pur di catturarmi. La signorina Misa, la figlia del padrone, udendo quel baccano dalla sua stanza, uscì e vedendo i corpi dei suoi genitori si precipitò verso di loro. I due robot le puntarono contro le loro braccia che erano mitragliatrici. Io mi ero preso i loro proiettili facendole da scudo, dato che ero stato costruito con un metallo speciale non mi danneggiarono affatto, ma uno di questi riuscì a raggiungerla e colpirla al cuore. Pieno di rabbia distrussi i due robot e strinsi tra le braccia la mia padroncina. Riuscì a farmi una carezza per poi morire tra le mie braccia. Da quel giorno vivo qui, ad ascoltare il suo amato carillon e a distruggere i soldati di “Unità Alice” che tentano ancora di catturarmi.-
Il suo racconto ci commosse. Solo Kirakishou, come al solito, rimase impassibile.
-Vi chiedo perdono per il mio comportamento. Credevo che foste alle sue dipendenze. Sono terribilmente dispiaciuto.- ci disse inginocchiandosi.
Io gli sorrisi e gli accarezzai la testa.
-Sei perdonato.- gli dissi.
Le altre non dissero nulla, ma lo avevano perdonato in silenzio.
-Venite con me. Vi condurrò alle vostre stanze. Sarete stanche, immagino.- ci disse
-Dopo le botte che ci hai dato, direi proprio di sì!- disse Suiseiseki.
-Vi chiedo ancora perdono.-
-Su dai, smettila. Ti abbiamo perdonato.- gli dissi.
Arrivati nelle stanze da letto, ogni coppia ne scelse una. Io decisi di dormire con Kanaria e Hina Ichigo perché quest’ultima mi voleva vicino.
-Se avete bisogno di qualcosa non esitate a chiedermelo. Basta che diciate il mio nome e arriverò in un batter d’occhio.- disse Laplace.
-Voglio metterti alla prova.- lo sfidò Suigintou.
-Bene.- disse lui scomparendo.
Suigintou sorrise e disse il suo nome. In un attimo se lo ritrovò davanti.
-Comandi, dama nera!-
Lei sorrise, gli diede una pacca sulla spalla e andammo a dormire.


Capitolo 8: I sopravvissuti

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Il giorno dopo salutammo Laplace e ci rimettemmo in viaggio.
-Un attimo solo!- disse costringendoci a fermarci.
S’avvicinò a Kirakishou e le baciò la mano.
-Mi concede un ultimo ballo prima di partire? Non le tirerò un altro tiro mancino stavolta.- aggiunse.
-Vorrei ben vedere. Se ci provi non sarò responsabile delle mie azioni.-
Iniziarono a ballare seguendo la canzone che Laplace cantava:
-Morning has broken, like the first morning
Blackbird has spoken, like the first bird
Praise for the singing, praise for the morning
Praise for the springing fresh from the word

Sweet the rain's new fall, sunlit from heaven
Like the first dewfall, on the first grass
Praise for the sweetness of the wet garden
Sprung in completeness where His feet pass

Mine is the sunlight, mine is the morning
Born of the one light, Eden saw play
Praise with elation, praise every morning
God's recreation of the new day

Morning has broken, like the first morning
Blackbird has spoken, like the first bird
Praise for the singing, praise for the morning
Praise for the springing fresh from the word
.-
Era davvero una canzone dolcissima. Appena finì di cantare, Kirakishou lo sorprese prendendogli il braccio e lo buttò a terra.
-Ora siamo pari!- gli disse.
-Più che corretto!- le disse lui.
Si rialzò, si pulì il vestito, le fece un inchino, poi anche a noi, e sparì chissà in quale stanza della villa. Lasciatacela alle spalle, dopo un bel po’ arrivammo in una zona completamente deserta e coperta di sabbia. All’improvviso sentimmo come un ronzio. Era lo sbatter di ali di una libellula robot dal metallo e gli occhi color verde. Da questi ultimi mi sparò contro due raggi laser verdi che mi scaraventò a terra. Dei grossi ragni robot, una ventina circa, stavano correndo verso di me per attaccarmi.
-Che brutti. Sparite!- dissi distruggendoli con i miei petali. Souseiseki e le altre, intanto, erano impegnate a distruggere la libellula che non era da sola, ma molte di più. Inoltre erano seguite da altri numerosi insetti robot: vespe, mantidi, farfalle in grado di provocare forti folate di vento, e cervi volanti dalle grosse mandibole. Io, da terra, otre a combattere contro i ragni robot, dovetti affrontare altri insetti robotici come: grosse formiche, scarabei e scorpioni dal cui aculeo spruzzavano acido o sparavano raggi laser. Alcuni di essi, poi, al posto delle chele avevano lanciamissili. Li distrussi tutti, non senza qualche piccola difficoltà ammetto, ma appena stavo per alzarmi in volo per aiutare le mie sorelle, sprofondai in una buca. Emisi un urlo, ma erano troppo impegnate per accorgersene. La caduta mi sembrò interminabile e, quando finalmente toccai violentemente terra, svenni. Quando riaprii gli occhi, mi ritrovai sopra un letto di argilla con la coperta verde. Alla mia destra, seduto su una sedia con il gomito poggiato sulla scrivania con il palmo della mano che gli reggeva guancia e mento, c’era un bambino di circa dodici anni che mi guardava. Aveva capelli scompigliati neri, occhi nocciola e indossava occhiali da vista.
-Ti sei svegliata.- mi disse con un sorriso.
-T… tu… sei un umano!- dissi sorpresa.
-Credevo… che i robot vi avessero sterminati.- aggiunsi.
-Non è proprio così. Un piccolo gruppo di un centinaio di persone ha trovato rifugio sottoterra e ha costruito delle capanne di argilla dove vivere.-
-Capisco.-
-Comunque, mi chiamo Jun Sakurada. Sei una bambola, giusto? Come ti chiami?-
-Io sono Shinku. Sono la quinta bambola delle Rozen Maiden.-
-Rozen? Hai detto Rozen? Quello che ha costruito l’essere più malvagio di questo mondo?- mi chiese Jun fulminandomi con uno sguardo colmo di rabbia e odio.
Rimasi paralizzata per un istante, poi mi affrettai a spiegargli tutto:
-Sì, sono stata creata, insieme ad altre sei bambole, con lo scopo di distruggere “Unità Alice” e riportare la pace nel vostro mondo. Questo è il volere di nostro padre Rozen.-
Jun ed io rimanemmo a fissarci per alcuni secondi. Il suo sguardo rabbioso scomparve e si calmò.
-Hai due occhi meravigliosi.- mi disse con un filo d’imbarazzo.
-G… grazie.- dissi io arrossendo e sorridendogli.
-Anche… anche i tuoi capelli… insomma… sei bellissima.-
Io continuai ad arrossire e non gli dissi nulla.
Sempre più imbarazzato mi chiese:
-Posso… posso prenderti in braccio? Voglio farti vedere il nostro “villaggio sotterraneo”.-
Io sorrisi e annuii. Il villaggio era pieno di case d’argilla ed era illuminato da lampade al petrolio. Quando mi presentò a Keiji, il capo della comunità, un uomo barbuto sulla quarantina, urlò di rabbia.
-Ti rendi conto che cosa hai fatto? Verremmo scoperti per causa sua.-
-No, ho provveduto io stesso a richiudere il buco quando l’ho trovata. E fortuna che passavo di lì quando cadde.- disse Jun.
-Non m’interessa. Falla sparire.-
Jun era seriamente dispiaciuto. A nulla servì raccontargli lo scopo della mia missione. Uscimmo dalla casa di Keiji per far ritorno a quella di Jun. Improvvisamente sentimmo un grido di donna. Quando la raggiungemmo, trovammo una vecchietta che urlava di terrore indicando qualcosa.
-Suigintou!- dissi.
-Eccoti! Souseiseki aveva visto bene.-
Detto questo, giunsero anche Kanaria e le altre. Gli abitanti erano terrorizzati ma ci pensò Jun a calmarli assicurandoli che non c’era pericolo. Keiji, avvertito, si era subito precipitato e intervenne.
-Stai zitto Jun. Un moccioso come te cosa può capire? Ora che sono arrivate qua sarà stato facile, per le mosche robot, aver individuato il nostro nascondiglio.-
-Mosche robot?- chiesi.
-Certo. Piccolissimi robot spie. Sono sicuro che vi teneva d’occhio sin dall’inizio così che poteva finalmente trovare il nostro nascondiglio. Ci avete condannati tutti. Dovremmo farvi a pezzi per questo.-
-Se osi toccarla dovrai passare sul mio cadavere.- disse Jun stringendomi a sé.
-Osi sfidarmi? Che impertinenza.-
Stanca di questa situazione, dissi a Jun di lasciarmi e mi avvicinai a Keiji.
-Che… che cosa…?-
Dalla mia mano fuoriuscirono i petali e li lanciai contro il vestito di Keiji provocandogli tanti piccoli strappi.
-Ah!- esclamò.
-Se mai arriveranno ad attaccarvi, io e le mie sorelle vi difenderemo. Giusto ragazze?-
Dissero tutte sì. Solo Suigintou e Kirakishou non furono d’accordo ed espressero il loro disappunto con uno “Tsk!” in coro.
-Visto? Cinque voti a favore e due contrari.- dissi con un sorriso.
-E comunque non c’è pericolo.- disse Souseiseki.
-Quando siamo scese nel punto in cui era sprofondata Shinku, si stava alzando una tempesta di sabbia che ha coperto il buco che abbiamo provocato.- aggiunse.
Gli abitanti del villaggio, una volta rassicurati, si avvicinarono tutti per poterci guardare e toccare. Io fui fortunata perché Jun mi prese prima che potessero mettermi le mani addosso. Cosa ben diversa era per le gemelle, Kanaria e Hina Ichigo, mentre Suigintou e Kirakishou si erano allontanate dal gruppo e si erano sedute sul tetto di una casa. Notai, tra la folla, una ragazzina un po’ pallida e barcollante, con i capelli corvini, che si diresse verso le due. Quando fu abbastanza vicino, parlò con Suigintou. Venni a sapere, dalla stessa Suigintou, che la ragazza si chiamava Megu, soffriva di una malattia sconosciuta, ecco perché era così pallida, ed era rimasta molto affascinata dal suo vestito e dalle sue ali tanto che le chiese se voleva esserle amica. Lei, com’era facile intuire, le aveva risposto sgarbatamente, ma quando Megu iniziò a tossire fortemente e si inginocchiò a terra, Suigintou si precipitò ad aiutarla e questo fece molto piacere alla ragazza. Anche le altre mie sorelle furono, per così dire, “adottate”. Suiseiseki e Souseiseki furono ospitate nella casa di due anziani, Kanaria da una ragazza chiamata Mitsu che si era letteralmente “innamorata” del suo aspetto. Ricordo ancora che quando la vide gridò:
-Ma che cariiiiina!-
La afferrò tra le sue braccia stringendosela forte o si strusciava la guancia sulla sua facendogliela fumare e la povera Kanaria strillava disperata. Infine, Hina Ichigo fu ospitata da Tomoe, la figlia di Keiji, coetanea e grandissima amica di Jun. Io, naturalmente, stavo con lui. Solo Kirakishou non volle stare con nessuno e passò i giorni seduta sul tetto della casa di Megu. Passammo qualche giorno in loro compagnia, finchè non arrivò il tempo di andare. Prima di partire Jun mi chiese:
-Posso pettinarti i capelli?-
Fui felicissima e acconsentii volentieri. Hina Ichigo all’inizio non voleva lasciare Tomoe, ed io le proposi di restare al suo fianco se voleva, ma quando la ragazza le accarezzò i capelli e le diede un bacio sulla fronte, le disse con tono coraggioso:
-Sconfiggerò Alice per te! Te lo prometto!-
Anche le altre mie sorelle dissero la stessa cosa alle persone che le avevano ospitate e, dopo essere uscite dal rifugio da un’uscita secondaria, tornammo a viaggiare. Da quando lasciammo il rifugio sotterraneo, non avevamo più incontrato nessun androide o robot. Forse la nostra meta era vicina. All’orizzonte vedemmo, a un tratto, una figura. Pensammo fosse un androide. Ma quando ci avvicinammo rimanemmo stupefatte. Avevamo davanti a noi nostro padre: Rozen.


Capitolo 9: Il falso Rozen

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Atterrammo davanti a lui che ci fissava con un sorriso. Eravamo davvero senza parole e lo fissavamo a bocca aperta. L’unica che rimase fredda era niente meno che Kirakishou. Rozen indossava una maglia bianca e pantaloni lunghi marroni. I suoi occhi erano verdi come quelli di Kanaria e Hina Ichigo e i suoi capelli corti erano biondi.
-Figlie mie!- disse.
Aveva una voce magnifica, molto più calda di quella di Laplace. Eppure, benché ero soggiogata dalla sua presenza, una parte di me diceva di non fidarmi. Purtroppo, Suigintou e le altre non erano di quest’avviso.
-S… state attente ragazze.- dissi a fatica.
-Perché dici questo, Shinku?- mi chiese Rozen.
-Uh…-
Mi sforzai di mantenere un contegno. Volevo fare come Kirakishou, ma continuavo ad avere un conflitto interiore con quella parte di me che diceva di stare in guardia e l’altra che mi diceva che tutto andava bene. Suigintou e le altre si avvicinarono di più a Rozen e lo abbracciarono. Anch’io ero troppo tentata.
-Venite anche voi due, su! Non volete che vi abbracci?- chiese a me e Kirakishou.
Quelle parole m’ipnotizzarono e, senza accorgermene, mi stavo dirigendo a passo lento verso di lui. A quel punto Kirakishou mi diede una spinta, evocò i suoi rovi e gli legò gambe, braccia e lo sollevò in aria.
-Che cosa fai, sei impazzita?- gridarono le altre in coro.
I loro occhi erano vuoti e privi della loro caratteristica lucentezza. Erano praticamente sotto ipnosi.
-Svegliatevi, dannazione!- gridò Kirakishou.
Io ero l’unica che aveva un minimo di coscienza, ma per le altre era fiato sprecato. Souseiseki si scagliò contro i rovi e le tagliò con le sue cesoie così da liberarlo. Suiseiseki e Hina Ichigo la ripagarono con la stessa moneta, ma lei si liberò con facilità e fluttuava in aria.
-Non costringetemi a…-
Non finì la frase perché fu interrotta da Kanaria.
-Primo movimento: Last Of The Wilds.-
Una breve melodia di violino provocò un violento vortice che colpì Kirakishou senza procurarle alcun danno né tantomeno smuoverla.
-Mi state facendo arrabbiare, sorelle. E parecchio!-
Kanaria si fermò intuendo che era inutile, e Kirakishou la frustò con un rovo, stendendola, per poi gettarsi in picchiata verso Rozen con due rovi nelle mani. Suigintou le si parò davanti.
-Gi... Gin Sama!-
Quella distrazione permise a Souseiseki di colpirla alle spalle con le cesoie che però, grazie alla nostra resistenza, non la perforò neanche.
-Brutta mossa!- le disse.
Le diede prima un pugno in faccia e poi uno schiaffo facendola cadere a terra. Suigintou brandì la sua spada costringendo lei a fare altrettanto.
-Gin Sama…-
Hina Ichigo e Suiseiseki le bloccarono di nuovo i movimenti, ma si liberò di nuovo con facilità per poi frustarle e stenderle. Suigintou la attaccò e parò il colpo con la sua spada.
-Torna in te, Gin Sama.- le disse.
Suigintou la sorprese dandole un calcio in pancia. Dall’espressione dolorante sul suo volto, dedussi che era stato incredibilmente forte. Cadde a terra e non si riprese. Avevo assistito a tutto senza mai intervenire e alla fine, senza sapere come, riuscii a lanciare dei petali contro Rozen. Suigintou gli si mise davanti e si coprì con le sue ali.
-Anche tu, Shinku… mi deludi!- mi disse.
I rovi e la pianta di Hina Ichigo e Suiseiseki mi bloccarono i movimenti e mi sollevarono in aria. Kanaria fluttuava davanti a me con il violino sulla spalla e il mento:
-Eccoti la punizione per quello che hai fatto. Secondo movimento: My Dream's But A Drop Of Fuel For A Nightmare.-
L’effetto dell’attacco era praticamente lo stesso di quello che aveva usato contro Laplace, ma con una melodia diversa. Stava straziando le mie povere orecchie nonostante fosse piacevole da ascoltare.
-Basta così, Kanaria!- le ordinò Rozen.
Quando smise io ero sul punto di svenire ma rimasi cosciente. Rozen lanciò dalla mano destra un globo verde di plasma contro Kanaria facendola svenire. Stesso trattamento riservò a Suigintou, Hina e Suiseiseki che si lasciarono colpire senza reagire.
-Ah!- esclamai.
Ogni dubbio fu tolto. Era come pensavo da sempre. Era un androide. Lui fluttuò verso di me.
-Tu… maledetto!- dissi con le lacrime agli occhi.
Iniziai a odiare con tutta me stessa Alice. Aveva creato quell’androide giocando con i nostri sentimenti. Sapeva che non avremmo mai alzato un dito su di lui. Anche se eravamo consapevoli che non era lui. Era davvero un piano diabolico e infame.
-Non piangere, ora non soffrirai più.- mi disse.
Un vortice di petali roteò attorno al mio corpo e mi liberai dalla mia prigione.
-Ti distruggerò!- dissi puntandogli la mano contro.
-Ne avresti il coraggio?- mi chiese lui con un sorriso beffardo.
-U… urgh!-
Esitai. E lui ne approfittò dandomi uno schiaffo che mi scaraventò a terra. Scese davanti a me con il globo di plasma che brillava sulla mano destra. Io chiusi gli occhi e piansi rassegnata. Improvvisamente sentii una botta. Rozen era stato colpito da qualcuno. Aprii gli occhi e vidi Laplace darmi le spalle. Doveva averci seguito di nascosto. Non gli sarò mai grata abbastanza per il suo aiuto.
-Chi sei tu?- gli chiese Rozen.
-Chi sono? Dovresti saperlo dato che mi hai creato tu. Ah, già. Tu non sei Rozen. Che sbadato.- disse sarcastico.
-Sei solo un fantoccio di “Unità Alice”- aggiunse con una punta di rabbia.
Dopodiché, con un movimento rapido, lo colpì con un calcio sul mento sollevandolo da terra. Mentre era in volo gli afferrò le gambe e lo scaraventò con violenza al suolo. Il finto Rozen reagì lanciandogli il globo al plasma ma Laplace lo respinse con uno schiaffo.
-Con chi credi di avere a che fare?- gli chiese.
-Maledetto!- disse Rozen.
Laplace lo colpì con innumerevoli calci rotanti, gli strappò la pelle artificiale della faccia, scoprendo il suo volto di metallo e, infine, gli afferrò la testa con entrambe le mani e gliela staccò senza il minimo sforzo. Il corpo senza testa cadde, mentre Laplace la teneva sul palmo della sua mano destra fissandolo e dicendo:
-Essere o non essere Rozen? Questo è il problema!-
La buttò a terra e la schiacciò sotto il piede con violenza distruggendola. Io ero inginocchiata con lo sguardo fisso su quel corpo senza testa e dal cui collo continuavano a uscire scintille. Laplace lo prese, lo lanciò in aria, saltò, gli diede un calcio tagliandolo in due facendolo esplodere, atterrò e scomparve dopo avermi fatto un inchino. Io mi alzai, mi diressi verso le mie sorelle e le svegliai. L’effetto dell’ipnosi era finito e non ricordavano niente. Preferii non dire nulla e spiccammo il volo.


Capitolo 10: La Rozen Factory, o meglio, La Alice Factory

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Finalmente, dopo un lunghissimo viaggio, raggiungemmo la nostra meta: una fabbrica d’acciaio circondata da alte mura. Dato che volavamo ci bastò scendere. Appena toccammo terra, però, ci diedero subito il “benvenuto”. Per la prima volta incontrammo, insieme ai robot e gli androidi, dei cyborg. Si trattava di poveri esseri umani a cui erano stati impiantati pezzi robotici. C’era chi aveva uno o tutt’e due le braccia robotiche, chi le gambe, chi invece i cingoli, uomini a cui avevano piantato, sotto le sue braccia, altre due robotiche, oppure avevano varie armi sempre al posto delle braccia. Quindi, ci bastava eliminare l’arto metallico per evitare che nuocessero ancora. Entrammo nella struttura, continuando a sconfiggere i nemici che ci si paravano davanti e raggiungemmo un portone che, però, era ben protetto da un colosso robotico completamente coperto di spine. Lo stesso che affrontammo quando conoscemmo Kirakishou.
-Toh. Una vecchia conoscenza. Lasciatelo a me.- ci disse.
Si sollevò in volo. Il colosso la colpì senza risultati.
-Datti una calmata, tesoro.-
Innumerevoli rovi si attorcigliarono tutto attorno al corpo del gigante. Quando fu totalmente avvolto sentimmo prima un leggero scricchiolio, poi aumentò fino a che non fu triturato completamente. Lo aveva già fatto contro un androide, ma ci lasciò a bocca aperta anche stavolta.
-Ormai siamo arrivate alla resa dei conti!- dissi mettendomi davanti al portone.
Guardai le mie sorelle che annuirono in sincrono e aprii il portone. La stanza era caratterizzata da una lunga fila laterale di colonne d’acciaio. Al centro, seduta su un trono anch’esso d’acciaio, c’era il male in persona. La creatura che, un tempo docile, si trasformò in un demone sanguinario: “Unità Alice” o, più semplicemente, Alice.


Capitolo 11: Scontro finale

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Alice era semplicemente davanti a noi che ci guardava con un sorrisetto beffardo. Devo ammettere che aveva un aspetto magnifico. Era davvero stupenda. Era alta, il suo vestito somigliava a quello di Kirakishou, ma era leggermente diverso. Era color oro, pieno di ruches e svolazzi vari, una gonna a portafoglio, cioè confezionata con un unico pezzo di stoffa che si avvolgeva attorno ai fianchi e si sovrapponeva sul davanti, e una giacca modello “liseuse” con maniche a palloncino, lunghe e aderenti sino al gomito con doppia svasatura. La scollatura era coperta da una specie di carrè (un rettangolo di tessuto applicato sulla parte superiore di una camicia o di un capospalla). I suoi lunghi capelli, che gli coprivano tutta la schiena e un paio di ciocche le scendevano sul petto, erano blu e i suoi occhi erano arancioni. Ai piedi, invece, indossava scarpette d’argento.
-Benvenute bamboline. E’ un piacere vedervi di persona.- ci disse.
Perfino la sua voce mi lasciò stupefatta.
-Non possiamo dire altrettanto!- dicemmo in coro.
-Suvvia, che modi! Siete antipatiche, sapete?-
Suigintou perse le staffe. Brandì la sua spada e si gettò verso di lei. Alice, come Laplace, fermò la lama della spada con due sole dita impedendole di muoverla.
-Hai sbagliato.- le disse.
Spezzò, come se fosse un ramoscello, la spada lasciando Suigintou a bocca aperta costringendola a tornare da noi con un balzo.
-Gin Sama…- sussurrò Kirakishou.
Alice si alzò dal trono e si avvicinò a passo lento verso di noi.
-Prepariamoci!- dissi.
Kirakishou brandì la sua spada di ghiaccio e fece la stessa mossa, sbagliata, di sua sorella.
-No, non farlo!- gridammo tutte.
Anche quella spada prima fu fermata per poi spezzarsi con facilità.
Alice le sorrise e stava per darle un pugno, ma il suo braccio fu avvolto da un suo rovo, la sollevò e iniziò a sbatterla sul pavimento e sul soffitto. Le fermò i movimenti e disse a Suiseiseki e Hina Ichigo di aiutarla. Loro due eseguirono ma Alice, continuando a mantenere quel odioso sorrisino, si liberò rimanendo a fluttuare nell’aria.
-Non siete granché!- disse.
Hina Ichigo tentò di nuovo di bloccarla e, quando lei vide i rovi, li afferrò e li tirò a sé facendola volare via. Non contenta, si gettò in picchiata verso di lei. Souseiseki, con cesoie alla mano, riuscì a raggiungerla parandosi davanti a lei.
-Prendi!- disse infilzandole il petto con le cesoie.
Si sentì un rumore strano. Come di un qualcosa che andava in frantumi. E, infatti, quel qualcosa erano proprio le cesoie.
-Non sono un robot qualsiasi!- le disse Alice sorridendo.
Stava per colpirla, quando fu salvata da Suiseiseki che le bloccò le braccia con le piante consentendo a Hina e Souseiseki di allontanarsi. Io e Suigintou approfittammo dell’occasione e la attaccammo. Io con i miei petali, ovviamente, e lei con le sue piume. Purtroppo si rivelò tutto inutile.
-Fatica sprecata, piccole!- ci disse liberandosi dalla pianta.
Kirakishou le comparve davanti, alzò le braccia in alto e una tempesta di neve la investì congelandola in poco tempo.
-Come ti senti adesso?- le chiese.
-Fresca! Mi ci voleva proprio.- le rispose.
La prigione di ghiaccio di Alice si frantumò in un istante lasciando Kirakishou senza parole.
-Adesso basta. Kanaria è stufa! Terzo movimento: Canone In D Maggiore!-
La melodia creò un violentissimo vortice che investì Alice facendola girare vorticosamente su se stessa e scaraventandola addosso ad un muro. Suigintou ne approfittò. Si diresse verso di lei e la attaccò con i suoi dragoni. Anche stavolta l’attacco fu inutile.
-Ogni vostro tentativo è inutile.- disse Alice rialzandosi.
Hina Ichigo le legò il busto e le braccia.
-Ancora tu?- le disse.
-Non mi hai sconfitta.- le rispose lei.
-Presto detto!- disse lei.
Si liberò, con uno scatto si avvicinò a Hina e le diede un pugno violentissimo che le perforò la pancia. La scena ci lasciò sconvolte. Quando Hina cadde prona a terra senza vita, il suo corpicino s’illuminò e una specie di gioiello rosa, attorniato da due anelli di luce bianca, uscì da esso andando in alto.
-La… la Rosa Mystica.- dissi.
Kanaria fu disperata. Volò verso Alice e iniziò a suonare:
-Kanaria vendicherà la sua sorellina. Ultimo movimento: Kashmir/The Masquerade Ball!-
La melodia partì e arrivò un vortice ancora più potente degli altri. Alice era immobile mentre i suoi lunghi capelli si agitavano impazziti. Nonostante l’incredibile potenza sembrava tutto inutile. Alice spalancò le braccia facendo sparire il vortice, si avvicinò con uno scatto a Kanaria, le afferrò il violino e glielo spezzò davanti agli occhi. Questo la pietrificò e s’inginocchiò come rassegnata alla sconfitta.
-Ora la raggiungerai- le disse.
E le diede un violento calcio. Quella che colpì, però, non era Kanaria. Era Suiseiseki che le aveva fatto da scudo. La punta del piede le aveva trapassato il petto e la schiena. Stessa scena. Il corpo che cade prono, s’illumina e la Rosa Mystica esce affiancandosi a quella di Hina Ichigo.
-SORELLA!- gridò Souseiseki.
Nonostante avesse perso le cesoie, ed era praticamente come un lupo senza zanne, si buttò contro Alice. Iniziò a riempirla di pugni e calci che lei subiva continuando a sorriderle buffamente come a volerle dire:
-E’ tutto qui quello che sai fare?-
Onde evitare che facesse una brutta fine io, Kirakishou e Suigintou la aiutammo. Come dicono gli umani, la gonfiammo di botte, ma era tutto inutile. Ogni colpo che riceveva non la faceva altro che ridere. Ci sorprese, poi, lanciandoci contro un globo al plasma che ci colpì in pieno. Solo Suigintou resistette perché si era difesa con le sue ali.
-Muori bastarda.- le disse lanciandole contro i suoi dragoni.
Alice fu scaraventata lontano, ma si rialzò sempre indenne. Allora Suigintou si gettò verso di lei, ma lei le afferrò il collo.
-Ora tocca a te!- le disse pronta a perforargli il petto con la mano sinistra.
Kirakishou le spuntò davanti prendendosi il colpo al posto suo.
-G… Gin Sama!- disse prima di cadere a terra.
Mentre la sua Rosa Mystica si aggiungeva alle altre due, Suigintou diede un calcio al mento di Alice che la mollò e poi iniziò a colpirla con calci e pugni. La “morte” di Kirakishou l’aveva sconvolta. Anche se non sembrava, le voleva bene. Io e Souseiseki intervenimmo, ma la scena era sempre la stessa.
-Mi avete stufato!- disse Alice.
I suoi occhi arancioni iniziarono a brillare e una specie di onda d’urto ci scaraventò lontano. Ero finita vicino a Kanaria che aveva lo sguardo scioccato e perso nel vuoto. Cercai di rialzarmi, ma le gambe non mi reggevano. Anche le altre non ce la facevano. Strisciai a fatica, come un verme, verso Kanaria incitandola a reagire, ma senza successo. M’inginocchiai davanti a lei e iniziai a scuoterla. Niente. Fu allora che le diedi uno schiaffo e questo la fece tornare in se.
-Sh… Shinku…- disse.
-Reagisci Kanaria!- le gridai.
Non mi rispose.
-Preparatevi a finire come le vostre sorelline.- disse Alice.
Si avvicinò a Souseiseki con il suo solito sorriso e, senza dirle nulla, le mise il braccio intorno al collo e glielo spezzò con una facilità assurda. Suigintou, benché non riuscisse ad alzarsi, tentò di colpirla con le sue piume.
-Rassegnati. E’ inutile.-
Le afferrò i capelli, la lanciò in aria e, con un calcio rotante, le tagliò il bacino in due orizzontalmente.
Eravamo rimaste solo io e Kanaria. Lei tremava come una foglia molto più di me. Strinsi i denti e mi alzai. Kanaria mi afferrò il braccio.
-No! Non andare. Se vai… tu…-
Era in lacrime. Io non potei far altro che accarezzarle la testa e mi gettai contro Alice. La colpii al collo con il mio braccio teso facendola cadere a terra. Quando si rialzò la colpii con un pugno in volto. Poi un altro. E un altro ancora. Fu a quel punto che, con una mossa fulminea, mi afferrò entrambe le braccia allargandomele. Cercai di liberarmi dandole dei calci e quindi mi gettò a terra continuando a mantenere la presa. Era sopra di me e mi guardava con quel sorriso ormai bello stampato in faccia. Avvicinò sempre di più il suo viso al mio e questo mi fece trasalire. E lo fece. Mi diede un bacio sulla bocca. I miei occhi erano spalancati. Ero tanto schifata che, se ne avessi avuto la possibilità, avrei vomitato. Sulla sua faccia naturalmente. Quando finì mi girava la testa. Mi sentivo fiacca. Era come se tutta la mia forza e la mia energia fossero state prosciugate. Mi risollevò continuando a tenere la presa sulle braccia. Le strinse sempre più forte e iniziò a tirarle. Urlai con tutto il fiato che avevo. Urlavo e Alice rideva contenta della mia sofferenza. Il dolore alle braccia aumentò e alla fine accadde. Il braccio destro si staccò di netto e mi lasciò. Quando mi rialzai e toccai la parte lesa…m’inginocchiai. Avevo lo sguardo perso nel vuoto, ma le mie lacrime scendevano sfrenate. Alice mi disse qualcosa, ma ero troppo scioccata per sentirla.
Probabilmente mi disse:
-Sei sconvolta? Poverina. Adesso ti aiuto io.-
Quello che accade poi me lo raccontò Kanaria. Alice stava per colpirmi, ma giunse Laplace che la afferrò con entrambe le braccia all’altezza del bacino e la sollevò gettandosi all’indietro facendole sbattere la testa sul pavimento. Quando si rialzò, la colpì con i suoi calci rotanti. Subiva e subiva, ma non crollava. Alice tentava di colpirlo, ma lui evitava ogni attacco. Era agilissimo. Un vero portento. A furia di subire colpi, sembrava che finalmente Alice iniziava a barcollare e così, preso dalla voglia di finirla in fretta, Laplace tentò di colpirla. Alice fingeva, e colpì Laplace al petto. All’inizio si pensava che glielo aveva perforato, ma invece era bello intatto.
-Io sono un tuo prototipo. Quindi sono pari a te.- le aveva detto.
-Tsk! I prototipi non saranno mai pari agli originali. E tu non fai eccezione.- disse lei
-Ne sei certa?-
-Al 100%. Guarda tu stesso.-
Istintivamente Laplace si sbottonò lo smoking e vide che il suo metallico petto era pieno di piccole crepe.
-Maledizione!- esclamò.
Quando ritornai in me assistetti solo alla parte finale. La più brutta. Kanaria mi aveva fatto riprendere allo stesso modo in cui io avevo fatto riprendere lei e lo vidi. Alice afferrò le orecchie di Laplace, saltò e gliele strappò. Poi gli afferrò il cranio e, con il minimo sforzo, gli staccò la testa gettandola vicino a me. Rimasi sconvolta nel vedere la sua testa accanto a me, con i suoi occhi diventati ormai neri. Kanaria mi guardava. Quando anch’io la guardai mi fece un sorriso. Si gettò contro Alice con l’archetto in mano e glielo diede in testa. Si spezzò all’istante.
-Che mossa idiota.- disse Alice.
Anche lei subì un calcio che gli trapassò petto e schiena e cadde supina a terra. A quel punto tutte e sei le Rose Mystiche formarono un cerchio sopra la mia testa.
-Che significa?- chiese Alice.
Una ad una, le Rose entrarono nel mio corpo e ci fu un grande bagliore bianco. Quando finì, il mio corpo era completamente cambiato. Ero alta come Alice, i miei capelli erano sciolti, indossavo un lungo abito, come quello di una principessa, bianco, avevo scarpette di cristallo e dietro la mia schiena c’erano due grandi e candide ali piumate. E avevo di nuovo entrambe le braccia.
-Che prodigio è mai questo?- chiese Alice.
Io mi alzai in volo spalancando le ali. Iniziai a sparare una pioggia di piume come faceva Suigintou. Ogni volta che andavano a segno, provocavano piccoli tagli alla pelle artificiale e al vestito di Alice.
-Aaaah! Il mio corpo! Il mio bellissimo corpo! Guarda cosa hai fatto!- urlò.
Io non le prestai ascolto, trasformai le ali in due dragoni bianchi e li scagliai contro di lei. Fu scaraventata lontano, anche se gli fece poco e niente.
-Ma… maledetta.- disse rialzandosi.
Feci comparire il violino di Kanaria e iniziai a suonarlo.
-Movimento finale: A Raft Of Penguins!-
La melodia provocò un vortice che, in un attimo, congelò Alice. Avevo combinato il potere di Kanaria con quello di Kirakishou. Alice si liberò dalla sua prigione e si diresse verso di me. Brandii l’annaffiatoio di Suiseiseki e le lanciai il getto per creare le piante. L’effetto fu un po’ diverso. Lanciò un grosso raggio verdastro che colpì in pieno Alice e provocò un’esplosione. Quando il fumo scomparve, Alice era senza più pelle e vestito. Ora era solo un comune robot umanoide con tanto di seno e gli occhi arancioni.
-Oh… Oh… Tu… Brutta… Guardami! Ti faccio a pezzi!- gridò.
Volò verso di me e inizio a prendermi a calci e a pugni. A ogni colpo che mi dava, io le sorridevo proprio come faceva lei con noi. Mi lanciò anche raggi arancioni dai suoi occhi, ma non servì a nulla. Dopo l’annaffiatoio fu il turno delle cesoie. Quando tentai di tranciarla in due, lei si parò con il braccio. Grande fu la sua sorpresa quando, anziché spezzarle, mezzo braccio destro fu tagliato di netto.
-Assurdo! Non è possibile!- gridò.
-Parità!- le dissi.
Mancava solo un potere. Avvolsi completamente il suo corpo con i rovi di Hina e Kirakishou. Sentii appena un leggero scricchiolio ma Alice riuscì a liberarsi, purtroppo.
-Deve ancora nascere chi possa distruggermi.- disse.
-Eccomi!- le dissi.
-Chiudi il becco!-
Mi lanciò innumerevoli sfere di plasma, ma io mi difesi coprendomi con le ali.
-Dannazione!-
All’ennesima sfera, imitai Suigintou spalancando le ali e rispedendola al mittente che la scansò con uno schiaffo.
-Ti odio!- mi disse.
-La cosa è reciproca.- dissi io.
Attorno al mio corpo iniziarono a ruotare innumerevoli petali. Alice era come impressionata.
-Muori!-
Le lanciai contro una tempesta tanto potente che sembrava esserci concentrata anche la forza delle mie sorelle. Alice fu investita e ci fu un esplosione. Quando il fumo sparì, non si sa come, era ancora viva. Le mancavano le gambe e le braccia, ma era ancora viva.
-Se devo essere distrutta… tu e le tue sorelle verrete con me.- mi disse.
Il suo petto si aprì mostrandomi una bomba. Sul timer rosso c’era scritto:
0:05
-Ah! Maledetta!- esclamai!
0:04
-Ah, ah, ah,ah!- rise lei come una pazza.
0:03, 0:02, 0:01, 0:00
L’esplosione fu incredibile. Era una vera e propria bomba atomica.


Epilogo

SPOILER (click to view)
Tutto intorno a me era bianco quando riaprii gli occhi. Non c’era niente. Nessun oggetto, nessun rumore, niente di niente. All’improvviso mi sentii chiamare.
-Shinku!-
Mi guardai attorno, ma non c’era nessuno. La voce continuò a chiamarmi. Stranamente era una voce che mi trasmetteva sicurezza. A un tratto ci fu un leggero bagliore giallo oro e mi apparve davanti: era Rozen che fluttuava, in quello spazio vuoto, come me.
-Shinku!- mi disse sorridendomi.
Io rimasi diffidente e lui lo notò.
-Non ti fidi di me? Ti capisco…-
Si avvicinò a me.
-Stai lontano da me!- gli dissi.
-Non ti fidi proprio, eh?-
-No!- dissi con poca convinzione.
Lui si avvicinò a me, mentre io ero ferma e tremavo come una foglia. Incredibilmente mi passò attraverso.
-Ma…-
-Io sono uno spirito. Volevo incontrarti per ringraziarti. Hai portato a termine la missione. Ora io, mia moglie e mia figlia possiamo riposare in pace.- mi disse.
-Ma a caro prezzo.- dissi con tristezza.
-Cosa intendi?-
-Le mie sorelle. Non ci sono più. Io non sono egoista, vorrei che anche loro fossero vive come lo sono io. E non voglio vivere con un corpo al cui interno ci sono le loro “anime”…-
Mi toccai il petto con le mani, mentre i miei occhi socchiusi lacrimavano.
-Shinku… sei dolcissima. Sei il mio capolavoro. Sono davvero felice di averti creato.-
Lo spazio bianco si dissolse e mi ritrovai in un posto desolato. Suigintou e le altre erano stese supine. Erano sopravvissute, come me del resto, all’esplosione. Rozen toccò a ognuna la fronte e la sua mano s’illuminò. Lentamente le loro parti danneggiate si aggiustarono per magia.
-Ora tocca a te restituire il loro “cuore”.- mi disse.
-Grazie ancora. Ti voglio bene.- aggiunse abbracciandomi e dandomi un bacio sulla fronte.
Nonostante fosse solo uno spirito, sentii il suo caldo e rassicurante abbraccio e le sue labbra sulla mia fronte. Mi sentii come cullata da lui.
-Addio!-
-A… addio… padre. Anch’io ti voglio bene.- dissi commossa.
Una volta scomparso feci un sospiro, chiusi gli occhi e alzai la testa allargando le braccia, mentre mi sollevai in volo. Il mio corpo s’illuminò, una ad una le Rose Mystiche uscirono dal mio corpo per tornare all’interno delle mie sorelle. Quando l’ultima rosa uscì, io avevo riacquistato le mie sembianze. Non avevo notato che le nuvole erano scomparse liberando il sole e il cielo azzurro. Mi sembrarono le cose più belle mai esistite. Lentamente, Suigintou e le altre si svegliarono.
-Bentornate sorelle!- dissi con un sorriso.
Tutte mi chiesero cos’era successo e spiegai tutti i dettagli. Pensai di non raccontare loro che avevo incontrato Rozen, onde evitare che fossero colte da invidia, ma stranamente mi scappò.
-Curioso…- disse Suigintou.
-Anch’io ho incontrato nostro padre che mi ringraziava per aver distrutto Alice, che mi abbracciava e mi dava un bacio sulla fronte.- aggiunse.
-Anche Kanaria l’ha incontrato.-
E anche le altre dissero la stessa cosa. Sorrisi felice per questo. Con il mondo ormai in pace, gli umani sopravvissuti, che si rivelarono essere più di quel che si pensava, uscirono da sottoterra e ricostruirono a buon ritmo le cose distrutte. Ognuna di noi andò a vivere con le persone incontrate nel rifugio sotterraneo. Suigintou con Megu, Kanaria con Mitsu, che chiama Micchan, le gemelle con gli anziani signori Shibasaki e Hina Ichigo con Tomoe. Nessuna di noi sa dove si trovi Kirakishou. So che ogni tanto va a trovare Suigintou, ma dove viva è un mistero. Io, infine, vivo naturalmente con il mio amico Jun che ogni giorno si rivela essere davvero un bravo ragazzo. Ora sono qui, stesa sul suo letto, a finire di scrivere queste “Cronache di una guerra tra bambole e robot”. Ecco. Direi che questo è tutto. Forse un giorno lo farò leggere a Jun, oppure lo terrò per me, chi lo sa.


Melodia del carillon: Laplace Theme(www.youtube.com/watch?v=65AWeXstbo4)

Movimenti di Kanaria(con autori tra parentesi): Allegro(New Trolls), Touch The Sky(Young Dubliners), Raconteur Troubadour(Gentle Giant), Last Of The Wilds(Nightwish), My Dream's But A Drop Of Fuel For A Nightmare(Sonata Arctica), Canone In D Maggiore(Pachelbel), Kashmir(Led Zeppelin), The Masquerade Ball(Axel Rudi Pell), A Raft Of Penguins(Ian Anderson)

Canzoni cantate da Laplace: The Musical Box(Genesis) e Morning Has Broken(Cat Stevens).


Edited by Laplace Demon - 20/8/2010, 14:17
 
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Souseiseki
view post Posted on 18/8/2010, 14:14




Commenterò per benino quando finirò di leggere tutto XDD
 
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view post Posted on 9/9/2010, 12:28
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CITAZIONE (Souseiseki @ 18/8/2010, 15:14)
Commenterò per benino quando finirò di leggere tutto XDD

Aspetterò ^_^
 
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